Il silenzio dei turchi arrestati a Viterbo. L'indagine alla Dda

Esclusa la pista terroristica. Si indaga sul piano per far evadere il capo recluso in cella nel Lazio

Il silenzio dei turchi arrestati a Viterbo. L'indagine alla Dda
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Pericolosi, senza dubbio. Ma almeno non terroristi. Il 22enne Baris Kaya e il 25enne Yldz Adoan, i due turchi fermati l'altro giorno a Viterbo perché sorpresi nel loro B&B in possesso di armi una mitraglietta e una pistola non avrebbero avuto intenzione di fare un clamoroso attentato alla macchina di Santa Rosa, anche se alloggiavano in una struttura lungo il percorso previsto e proprio nella sera della processione. Per ora non hanno parlato. Il movente più temuto, e che aveva spinto le autorità a rafforzare istantaneamente il dispositivo di sicurezza, sembra ormai tramontato. I due giovani turchi fermati, in possesso anche di un terzo documento, avevano in tutto solo 50 proiettili. Sufficienti per un'azione mirata, non per fare una strage tra la folla. Anche le armi una mitraglietta e una pistola non sono secondo gli inquirenti quelle più indicate per un attentato di precisione, se l'obiettivo fosse stata una delle autorità presenti all'evento dell'altra sera. I due risultano invece affiliati a importanti reti criminali turche. Elemento che rende più caldo il collegamento tra la loro presenza nel capoluogo della Tuscia e l'arresto di due loro connazionali. Il 41enne boss della mafia turca Baris Boyun, arrestato a Bagnaia un anno e mezzo fa in un blitz che aveva portato in carcere altri 19 turchi, o il leader di un'organizzazione criminale con base in Anatolia, arrestato sempre a Viterbo in un affittacamere lo scorso 25 agosto. Insomma, il giro del quale Baris e Yldz avrebbero fatto parte sembra essere quello della criminalità turca dedita ai traffici internazionali di armi e droga e delle sue ramificazioni in tutta Europa, Italia compresa. Una organizzazione di elevatissima pericolosità che, però, colpisce per mero lucro e non per finalità politiche. Anche se, quando serve, i protagonisti di queste organizzazioni sanno come sfruttare la politica a proprio vantaggio: proprio Boyun, al momento del suo primo arresto, a Rimini, nel 2023, aveva chiesto asilo politico sostenendo di essere un politico curdo perseguitato nel suo Paese. Resta da capire che ci facevano i due in città. Volevano organizzare l'evasione di Boyun o dell'altro turco dal carcere locale? Servivano da ricambio di forze per una cellula turca di stanza nella Tuscia? Visto il possibile legame con Boyun, intanto, l'indagine potrebbe passare alla Dda di Roma.

Non c'entravano, invece, gli altri cinque ragazzi turchi fermati a Montefiascone nell'ambito dei controlli successivi ai due arresti: solo uno di loro aveva con sé qualche grammo di marijuana, nessuno aveva armi e tutti si trovano regolarmente sul territorio italiano.

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