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Sinistra e femministe non si indignano mai se le violenze sono commesse da immigrati

Da Parma a Milano, tutti i casi in cui i dem hanno minimizzato gli episodi

Sinistra e femministe non si indignano mai se le violenze sono commesse da immigrati

Tommaso Foti, capogruppo di Fratelli d'Italia alla Camera, ha parlato di «sconcertante silenzio degli esponenti della sinistra felsinea» a proposito del caso dello stupro di una quindicenne, avvenuto questa estate alla Festa dell'Unità di Bologna. Galeazzo Bignami, viceministro delle Infrastrutture, deputato bolognese di FdI, ha sottolineato «l'assordante silenzio del Partito Democratico e della segreteria Schlein». In ogni caso, l'indignazione dei dem e delle femministe di sinistra sarà comunque a scoppio ritardato. Infatti non è la prima volta che ci troviamo a commentare la poca solerzia dei progressisti, sempre giustamente attenti al rispetto dei diritti delle donne, quando la violenza, lo stupro o la molestia possono mettere in imbarazzo la propria parte politica. Ciò di solito avviene davanti a un fattaccio consumato in una città amministrata dalla sinistra, in un contesto di sinistra oppure quando a calpestare i diritti femminili sono degli immigrati.

Si alzano barricate per un episodio comunque grave e spiacevole come quello che ha visto protagonista, a fine novembre del 2021, la giornalista sportiva Greta Beccaglia, palpeggiata in diretta tv fuori dallo stadio di Firenze. Si tace o si fanno distinguo di fronte a fatti come le violenze di Capodanno di Milano avvenute un mese dopo. Durante i festeggiamenti per l'arrivo del 2022, a Piazza Duomo ha imperversato un branco di giovanissimi, perlopiù nordafricani, che hanno seminato il panico avventandosi su ragazze scelte a caso nella folla. Anche allora alcune cronache avevano registrato il silenzio o la condanna tardiva da parte del circuito femminista e progressista che va da scrittrici come Michela Murgia a esponenti politiche del calibro dell'ex presidente della Camera Laura Boldrini. Eppure in quei crimini c'era un metodo. Pressoché lo stesso utilizzato dai circa mille immigrati mediorientali protagonisti delle aggressioni ai danni di un centinaio di donne nella notte di Capodanno del 2016 a Colonia, in Germania.

Si tratta del Taharrush gamea, un'espressione in lingua araba che significa «molestia collettiva». Ma per Silvia Roggiani, segretaria del Pd di Milano, le violenze di Capodanno erano genericamente «figlie di una società patriarcale». Come accaduto nei casi di Desirée Mariottini, Pamela Mastropietro e Saman Abbas, a sinistra è difficile accusare stranieri e islamici. «La sinistra teme che i lati più imbarazzanti di quella cultura, e in particolare il suo modo di trattare la donna, compromettano il progetto politico di diventare i rappresentanti elettorali di quel mondo», spiegava a La Nazione il primo giugno 2021 il sociologo Luca Ricolfi, studioso non tacciabile di sovranismo.

A settembre scorso, dopo uno stupro ai danni di una diciassettenne a Bologna, davanti al poco spazio mediatico dedicato al fatto dalla stampa progressista, Guia Soncini sul giornale online Linkiesta si chiedeva: «Vorrei sapere come i giornali di sinistra avrebbero trattato questa notizia se il presunto stupro fosse avvenuto in una città governata dalla destra, e magari non dieci giorni prima delle elezioni». A dicembre del 2016 fece scalpore il caso di una ragazza violentata e filmata in un centro sociale di Parma.

«Con gli sbirri devi solo tacere», le dissero i compagni della Raf (Rete antifascista di Parma) dopo la sua denuncia, che ha portato alla condanna di tutti i responsabili. Archiviata invece l'indagine sul presunto stupro del 2019 nel centro sociale «Castellazzo» di Ivrea. Restano i due pesi e le due misure.

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