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La sinistra rompe con il popolo

C'è una chiave di lettura non solo politica nella sconfitta del centrosinistra alle amministrative ma più profonda e di carattere culturale che riguarda il posizionamento della sinistra italiana negli ultimi anni

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C'è una chiave di lettura non solo politica nella sconfitta del centrosinistra alle amministrative ma più profonda e di carattere culturale che riguarda il posizionamento della sinistra italiana negli ultimi anni. La perdita di comuni che per decenni sono stati roccaforti rosse non nasce a caso ma ha motivazioni profonde da ricercarsi nel cambio di dna dei partiti progressisti. Se i risultati vanno letti come l'intenzione di voltare pagina dopo anni di amministrazioni a senso unico, al tempo stesso è evidente l'insofferenza crescente di un elettorato che in passato votava a sinistra.

Siamo ben oltre la «sinistra ztl» che parla solo a chi vive nei centri delle grandi città e dimentica le periferie e le province, è in atto una vera e propria mutazione per citare il titolo di un fortunato libro di Luca Ricolfi che racconta «come le idee di sinistra sono migrate a destra». Così la sinistra è passata da rappresentare le esigenze dei lavoratori, del popolo e dei ceti più deboli a farsi portavoce delle istanze di minoranze ideologizzate, influenti e rumorose ma lontane dal comune sentire.

Una deriva che ha portato la sinistra nostrana sulla falsariga di quanto avvenuto negli Stati Uniti ad abbracciare posizioni via via più radicali non comprese e spesso contrarie al buonsenso. Gli esempi di questa tendenza sono molteplici a partire dall'ambientalismo ideologico; invece di promuovere una transizione ecologica che tuteli i ceti più deboli e tenga insieme le esigenze dell'ambiente con quelle dell'economia, stiamo assistendo a un ambientalismo radicale che provocherà la perdita di milioni di posti di lavoro in Europa e a farne le spese saranno non solo gli imprenditori ma anche i lavoratori. Come sostiene Luciano Canfora nel presentare il suo pamphlet La democrazia dei signori «la ex-Sinistra non ha più alcuna idealità connessa alla sua origine di movimento dei lavoratori. L'ex-Sinistra ha in testa un'unica idea: l'europeismo». Se Canfora punta il dito contro l'europeismo dogmatico, secondo Ricolfi «la sinistra, attratta anche dalla globalizzazione, ha abbandonato la difesa dei diritti sociali (lavoro, studio, salute) per indirizzare tutte le sue energie sui diritti civili e a difesa degli immigrati».

Si arriva così alla scelta di liquidare come «sovraniste» politiche tese a difendere proprio i ceti più deboli italiani che, con una globalizzazione senza regole e un'immigrazione incontrollata, hanno visto nel giro di un ventennio crollare i propri punti di riferimento.

La risposta della sinistra è stata un'attenzione spesso ossessiva a temi come il gender. A ciò si è aggiunto un arroccamento su temi considerati identitari evocando continuamente il «pericolo fascista» senza rendersi conto di portare avanti battaglie che hanno poca (o nulla) presa sulla maggioranza dei cittadini. Non stupisce così l'esito delle elezioni di questi giorni, d'altrocanto sarebbe bastato ascoltare alcuni nomi storici della sinistra come Mario Tronti: «la sinistra ha abbandonato gli operai, chieda scusa». Ma la sintesi migliore la fa Fausto Bertinotti: «senza una rivoluzione culturale, la sinistra va all'estinzione. Ha abbandonato il suo popolo».

Come dargli torto ma forse è meglio così.

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