La sinistra ha fatto una scoperta incredibile. Il centrodestra ha vinto le elezioni e ora vorrebbe nominare uomini di fiducia all'interno delle istituzioni. Non è un attacco alla democrazia ma una salutare logica di alternanza al potere, applicata in tutti i Paesi civili. Alla sinistra però non pare vero. Quei posti sono suoi per tradizione inveterata, specie quelli relativi alla cultura, sulla quale la sinistra crede, per pura ignoranza, di avere un'esclusiva. Politici e giornalisti trasecolano davanti alla tragica notizia: Giovanna Melandri, ex ministro dei Beni culturali, arrivata alla presidenza del Museo Maxxi di Roma e lì rimasta a sedimentare per ere geologiche senza organizzare una singola mostra memorabile, sarà sostituita da Alessandro Giuli, classe 1975, idee di destra, laurea in filosofia, giornalista al Foglio di Giuliano Ferrara, passione per la storia romana. Il nome di Giuli è stato scelto direttamente da Gennaro Sangiuliano, attuale ministro della Cultura. Niente di strano. C'è da capire comunque l'ansia che attanaglia la sinistra. Dichiararsi comunisti, post comunisti, ex comunisti, un po' comunisti e comunque politicamente corretti è sempre stato un requisito indispensabile per fare carriera. Nel dopoguerra, la sinistra ha inventato una figura divenuta dominante: l'intellettuale impiegato, degenerazione dell'intellettuale impegnato. Per questo addetto alla propaganda, consapevole o meno, la competenza non è mai stata fondamentale. Fare bene o male non ha alcuna importanza. Da tempo, a sinistra, assistiamo all'inquietante fenomeno dei perdenti di successo. Fai fallire una fiera del libro? Eccotene un'altra, basta che abbia un programma da manifestazione di partito (Democratico). Coli a picco il prestigio di una collana editoriale? Tieni, dirigi anche questa ma fai scrivere solo gli amici. Non vendi i tuoi saggi o romanzi nemmeno ai famigliari più stretti? C'è un nuovo contratto che ti attende, ma tu continua a essere servile. C'è di peggio. Come mai realtà culturali un tempo prestigiose, pensiamo alla Rai o alla Treccani, sono precipitate al limite (superato) dell'irrilevanza? In generale, la mediocrità è sempre in agguato dove non circolano le idee. Se manca il pluralismo, non esiste dibattito e la cultura scivola rapidamente nel conformismo più insignificante. Il centrodestra non è esente da colpe. In passato, le sue decisioni hanno mostrato un complesso di inferiorità e anche un triste disinteresse per la cultura. Per questo motivo non è mai riuscito a incidere. Invece di prendere in mano la situazione e fare, tra le altre cose, le giuste nomine, si è affidato all'esistente, cioè al suo peggior nemico: la sinistra. Risultato: anche i buoni provvedimenti sono finiti al macero.
Anche qui, la scelta è ampia, andiamo dai finanziamenti al cinema fino alla riforma della scuola. La sinistra ha usato il potere culturale per creare consenso e omologazione. I suoi avversari sono stati esclusi e delegittimati. Al centrodestra il compito di riscoprire il pluralismo e rianimare il dibattito.
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