Non è la pace. E forse neppure la strada giusta per raggiungerla. E non è manco una tregua. È solo un limitatissimo, complicatissimo e incertissimo «cessate il fuoco» destinato a iniziare domani, lunedì, e a durare, se tutto andrà bene, non oltre una settimana. Ma la sospensione dei combattimenti non riguarderà neppure l'intero territorio siriano. Si continuerà a combattere, infatti, sia nelle zone conquistate dallo Stato Islamico, sia in quelle sotto il controllo della fazione alqaidista di Jabat Al Nusra ora ribattezzata Jabhat Fateh al-Sham.
Ma dopo cinque anni di guerra e 290mila morti anche una sola settimana di respiro dedicata esclusivamente al transito di aiuti umanitari e soccorsi per la popolazione civile può sembrare un successo. Il mini-accordo è stato raggiunto a Ginevra, venerdì notte, dal segretario di stato americano John Kerry e dal suo omologo russo Serghei Lavrov. Ma anche quel minimo risultato ha richiesto un'estrema fatica. L'intesa arriva dopo i cinque faccia a faccia Lavrov-Kerry andati a vuoto dal 26 agosto in poi e segue il durissimo duello tra i due «capi» Obama e Putin al G20 in Cina.
Sulla possibilità di un'intesa ha dubitato in qualche momento persino Lavrov, l'instancabile tessitore, veterano di tante maratone negoziali. Anche perché a negoziare con e contro di lui c'erano almeno due Americhe. Dietro quella del segretario di Stato John Kerry, convinto che la sconfitta dell'Isis e un accordo di pace sulla Siria passino obtorto collo da un accordo con la Russia, si nascondeva l'America più irriducibile. A guidarla, dall'altra parte dell'Atlantico, c'erano i responsabili del Pentagono e dei servizi di sicurezza con in testa il segretario alla difesa Ash Carter e il Direttore Nazionale dell'Intelligence James Clapper. Per tutte le 13 interminabili ore di discussioni ginevrine hanno fatto di tutto per sabotare i piani di Kerry e convincere la Casa Bianca ad imporre il proprio veto.
Dietro i niet di Pentagono e servizi segreti si celavano i rispettivi fallimenti delle loro diverse quanto inconciliabili strategie. Da una parte quella di una Cia che per cinque anni ha continuato ad armare e finanziare i gruppi jihadisti transitati irrimediabilmente nelle file dello Stato Islamico o in quelle della fazione alqaidista di Jabat Al Nusra. Dall'altra quella di un Pentagono che dopo aver appoggiato i curdi per combattere l'Isis li ha abbandonati al loro destino non appena Erdogan ha mandato l'esercito in Siria inchiodandoli sulle sponde dell'Eufrate.
L'intesa siglata da Kerry e Lavrov potrebbe invece mettere fine alle fallaci strategie di Cia e Pentagono basate entrambe sull'esclusione a priori della Russia da qualsiasi intesa sulla Siria. Dietro il cessate il fuoco destinato a scattare lunedì, in concomitanza con la fine del pellegrinaggio alla Mecca e l'inizio della festa islamica del Sacrificio, si cela invece l'ambizioso tentativo di arrivare alla formazione una cabina di regia russo-americana per coordinare sia la lotta al Califfato sia quella agli alqaidisti. In questa prospettiva i cosiddetti gruppi «moderati» appoggiati dalla Cia saranno costretti a rompere gli stretti legami allacciati con Jabat Al Nusra in zone come Aleppo e la provincia di Idlib. In cambio la Russia s'impegnerà a contenere la presenza sul terreno delle forze iraniane e delle milizie sciite di Hezbollah che operano a fianco dell'esercito di Bashar Assad.
Certo se il «cessate il fuoco» di lunedì portasse al raggiungimento di queste intese si potrebbe veramente auspicare d'arrivare a quelle che l'inviato speciale dell'Onu in Siria Steffan De Mistura definisce «regole chiare» per la cessazione delle ostilità. Il primo ostacolo per conseguirle resta però lo scetticismo del Pentagono e di quanti nell'Amministrazione Obama continuano ad esprimere una preventiva diffidenza nei confronti di Mosca.
«Prima che si possa raggiungere una cooperazione militare bisognerà riuscire a realizzare questi impegni, sottolineava ieri il portavoce del Pentagono Peter Cook, facendo intendere con quanta e quale diffidenza l'apparato militare guardi all'intesa raggiunta dal Segretario di Stato Kerry.
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