Siria, raid sul palazzo presidenziale. Israele: "Via agli attacchi più duri"

Colpiti la residenza di Ahmed al-Shara e il ministero della Difesa. Bibi: "Salveremo i nostri fratelli drusi". Usa e Ue "molto preoccupati"

Siria, raid sul palazzo presidenziale. Israele: "Via agli attacchi più duri"
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L'esercito israeliano colpisce il ministero della Difesa e il palazzo presidenziale a Damasco e lo Stato ebraico fa sentire tutto il suo peso nel nuovo conflitto che lacera la Siria. L'intervento si inserisce negli scontri tra le forze governative e i combattenti drusi nel Sud del Paese, in quello che è stata la più sanguinosa battaglia degli ultimi mesi. I missili hanno fatto crollare quattro piani del dicastero e distrutto la facciata. Almeno due ufficiali sono rimasti feriti. L'attacco è stato colto in diretta da un tv. Si vede una giornalista urlare e correre al riparo, mentre alle sue spalle si alza una colonna di fumo da quartier generale militare. È la prima volta che Israele bombarda Damasco da maggio e per il terzo giorno consecutivo conduce incursioni aeree contro l'esercito siriano. Il conflitto tra le truppe governative e i combattenti drusi locali è ripreso ieri mattina, poche ore dopo l'annuncio del cessate il fuoco. Il ministro degli esteri Israel Katz ha tuonato: "Gli attacchi più duri in Siria sono iniziati. L'Idf continuerà a operare con energia a Sweida per annientare le forze che hanno preso di mira i drusi". Un portavoce dell'esercito israeliano ha precisato che il bombardamento è stato un "messaggio al presidente siriano Ahmed al-Shara", noto come Al-Joulani, che ricordiamo è un ex affiliato ad Al-Qaeda.

In totale, ieri il numero delle vittime si avvicinava già a 250, in soli quattro giorni di scontri. Il timore ora è di un più ampio conflitto settario. Molti esperti non credono ai proclami del nuovo esecutivo jihadista a favore della tolleranza delle minoranze religiose. Un attacco alle forze di sicurezza da parte di ciò che restava del deposto regime di Bashar al-Assad a marzo ha innescato una rappresaglia che ha fatto 1.500 morti, la maggior parte dei quali appartenenti alla minoranza alawita, del presidente destituito. I drusi, invece, dopo la caduta di Assad, hanno negoziato con le autorità islamiste di Damasco, nel tentativo di ottenere una qualche forma di autonomia. Il ministero degli Interni siriano ha spiegato che la crisi può essere risolta solo integrando la provincia a maggioranza drusa nello stato. La situazione intanto è drammatica. Diversi civili nella città di Sweida sono rimasti chiusi in casa mentre gli scontri continuavano all'esterno, con l'elettricità e altri servizi di base tagliati.

Le uccisioni hanno provocato rabbia in tutta la comunità drusa in Medio Oriente. Alcuni drusi israeliani nelle alture del Golan sono riusciti ad attraversare il confine per entrare in Siria prima di essere recuperati dall'esercito dello Stato ebraico. Benjamin Netanyahu ha implorato: "Non attraversate il confine. State rischiando la vita". L'esercito israeliano ha anche fatto sapere di aver rafforzato la propria presenza lungo la frontiera. Mentre i drusi in Israele hanno proclamato uno sciopero a sostegno dei loro fratelli.

Cresce anche la preoccupazione che la comunità di questa minoranza all'interno dello Stato ebraico che ha prestato servizio nell'esercito israeliano durante la guerra a Gaza possa disertare per soccorrere i propri compagni. Il quadro è preoccupante. E come se non bastasse, un'ondata di violenza si è scatenata pure contro i cristiani in Siria. Sono state incendiate chiese e case di numerose famiglie.

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