I segreti della magistratura

I pm, Fini e il governo Monti: così il sistema attaccò il Cav

Il sistema funziona contro qualcuno ma anche a difesa di qualcuno. Con Berlusconi avviene contro, con Fini e con tanti altri a difesa

I pm, Fini e il governo Monti: così il sistema attaccò il Cav

Per gentile concessione dell'editore Rizzoli pubblichiamo uno stralcio del libro Il sistema. Potere, politica affari: storia segreta della magistratura italiana, scritto dal direttore del Giornale, Alessandro Sallusti.

Il 27 luglio 2011 Nitto Palma diventa ministro della Giustizia, il vostro rapporto non può neppure essere messo alla prova perché di lì a poco, il 16 novembre, quel governo cadrà. Durante l’estate tutto precipita velocemente. Il governo è indebolito per l’uscita dalla maggioranza, avvenuta un anno prima, di Gianfranco Fini e di un gruppo di deputati e senatori che avevano fondato il partito Futuro e Libertà. Si è fatta molta letteratura sul perché Fini abbia mollato Berlusconi, e se si è arrivati a ipotizzare una regia del Quirinale, oltre che una "moral suasion" della magistratura su di lui, per alcune inchieste che avrebbero potuto coinvolgerlo.

Quando nel dicembre 2010 si parla di un possibile patto tra la magistratura e Gianfranco Fini, ben visto dal Colle, non si va lontano dalla verità. Con lui, in quel momento presidente della Camera, troviamo un’inaspettata sponda in campo avverso, quello del centrodestra di cui lui è il numero due dopo Silvio Berlusconi. Abbiamo più di un incontro, ci rassicura che con lui a dirigere la Camera non varerà nulla di sgradito ai magistrati. Tra noi certamente c’è un buon feeling che diventa collaborazione attiva nel fornirgli pareri e spunti per emendare leggi che, direttamente o indirettamente, riguardano il nostro mondo. C’è anche un singolare inedito che caratterizza i nostri incontri. In un’occasione in cui andiamo da Fini con la giunta dell’Anm al completo, con noi c’è anche Pierluigi Picardi, un magistrato della corrente di Area, teoricamente quella di sinistra e più ostile al governo. Quando i due si incontrano, seppur in veste ufficiale, si riconoscono e rievocano i tempi camerateschi di gioventù.

Avevate trovato il Cavallo di Troia.

C’è un fatto incontestabile. Nell’estate del 2010 "ll Giornale" pubblica un’inchiesta ipotizzando il coinvolgimento di Gianfranco Fini nella vendita sospetta al cognato Giancarlo Tulliani di una casa, la famosa "casa di Montecarlo" che faceva parte del patrimonio di An. Fini nega ripetutamente e, il 26 ottobre, la procura di Roma annuncia - fatto anomalo - non l’apertura, stranamente avvenuta senza alcuna fuga di notizie, bensì la chiusura per archiviazione di un’inchiesta lampo condotta personalmente dal procuratore capo di Roma Giovanni Ferrara, probabilmente la più veloce nella storia, su quella casa e su Fini. Ma anni dopo, il 13 febbraio 2017, Gianfranco Fini, per quella stessa ipotesi di reato, viene rinviato a giudizio per riciclaggio, e suo cognato scappa all’estero dove ancora oggi si trova, latitante a Dubai. Questa seconda inchiesta viene portata avanti dal nuovo procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone, e recepita dal giudice delle indagini preliminari Simonetta D’Alessandro, un cara amica che mi teneva aggiornato su tutto. Era solita organizzare cene ristrette a casa sua, alle quali partecipavano magistrati, giornalisti, uomini delle forze dell’ordine e delle istituzioni. Un volta disse di essere molto preoccupata che il suo nome potesse essere infangato all’interno dell’inchiesta Mafia capitale, per via di un ingiusto coinvolgimento di un consulente al quale aveva affidato degli incarichi, e che Pignatone l’aveva tranquillizzata scrivendole un biglietto. Ora, è evidente che nel 2010 Giovanni Ferrara probabilmente non ha compiuto una corretta valutazione. Se a causa della fretta o di qualcosa d’altro lo lascio scrivere a lei.

Il Sistema

Me ne guardo bene, io penso che in quel momento Fini che si allea con la sinistra fosse funzionale al disegno di indebolimento del governo che il "Sistema" stava perseguendo.

Più che funzionale, credo. Però può scrivere un fatto che nessuno può smentire o contestare, un fatto che di nuovo riguarda l’intreccio tra politica e magistratura e che all’epoca sfuggì ai più. Un anno dopo aver archiviato l’inchiesta, Giovanni Ferrara si dimette da procuratore di Roma con qualche mese di anticipo sulla pensione e viene nominato, in quota Fli di Gianfranco Fini, sottosegretario agli Interni del governo Monti.

Coincidenza sospetta, un indizio che lo strappo di Fini che affossò il centrodestra non fosse tutta farina del suo sacco.

A prescindere dal caso singolo, il potere delle procure a volte è quello di fare un’inchiesta partendo da una velina e di tirarla per le lunghe, altre di non farla pur davanti all’evidenza dei fatti concreti. Soprattutto se la grande stampa - come per coincidenza avvenne nel caso di una casa in mattoni e cemento nel pieno centro di Montecarlo - gira la testa dall’altra parte o minimizza e i partiti di sinistra pure. Si ricordi la regola aurea del tre, le tre armi del "Sistema", una procura, un giornale amico, un partito che fa da spalla politica. Funziona contro qualcuno ma anche a difesa di qualcuno. Con Berlusconi avviene contro, con Fini e con tanti altri a difesa. E lo ripeto ancora una volta a scanso di equivoci. Io ora non sto discutendo se uno è o meno colpevole, mi riferisco a come, oltre un certo livello, i reati o presunti tali vengono gestiti in base a criteri che con "la giustizia è uguale per tutti" hanno poco a che vedere.

Ma non solo con la giustizia, lo stesso vale per l’etica.

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