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Il Pd perde iscritti pure nella roccaforte "rossa". E scatta l'allarme sui conti

A lanciare l'allarme è la segretaria della sezione dem di Bologna: gli iscritti sono sempre meno e le casse del partito languono. E a livello nazionale non va meglio.

Il Pd perde iscritti pure nella roccaforte "rossa". E scatta l'allarme sui conti

A lanciare l'allarme ci ha pensato la segretaria cittadina, Federica Mazzoni: "La situazione che ho ereditato è grave, questa è un'ultima chiamata per salvare il partito". Il malato è la sezione di Bologna del Partito Democratico. Già, perché pur senza accennare a cifre ufficiali - "Non le direi mai in conferenza stampa", sottolinea Mazzoni - la numero uno dei dem bolognesi annuncia senza troppi giri di parole che a stretto giro un pool di esperti verrà riunito "per determinare in maniera trasparente lo stato di difficoltà del Pd".

E dunque proprio nel capoluogo felsineo, un tempo roccaforte nazionale del Partito Comunista tanto da essere stata guidata da sindaci rossi ininterrottamente dal 1945 (con l'unica eccezione di Giuseppe Guazzaloca, tra il 1999 e il 2004), i militanti calano a vista d'occhio. E, all'apparenza, la dirigenza del Pd locale non sa dove girarsi per trovare la soluzione al problema. Problema non secondario, perché a pochi iscritti equivalgono poche entrate e fare politica senza soldi è decisamente un mestiere duro. Di cifre ufficiali non ce ne sono, ma il Tempo ha ricostruito la parabola discendente degli ultimi anni: nel 2013, sotto la Torre degli Asinelli si contavano circa ventimila tesserati; oggi sono appena settemila, un terzo rispetto a nove anni fa. Un dato che colpisce, ancor di più se si pensa che non più tardi di due anni fa propria a Bologna aveva preso vita il movimento delle Sardine (che in più di un caso si è messo di traverso rispetto alle decisioni politiche della leadership cittadina)

Allargando la lente a livello nazionale, la situazione per il Pd non è certo migliore. In questo caso, è più semplice tracciare un bilancio dato che i rendiconti sono pubblici: nel 2013, nelle casse del Partito democratico erano entrati circa 40 milioni di euro. Le ultime cifre disponibili, che risalgono al 2020, fotografano una situazione ben peggiore: meno di 10 milioni, e il bilancio attivo solo grazie alla cancellazione di tutti gli eventi pubblici (e dunque di tutte le spese connesse) causata dal Covid. E il futuro non promette bene. Le entrate dei partiti contano si basano principalmente su due voci: i proventi del 2xmille e gli oboli versati dagli eletti. I primi sono calati in due anni da 8,5 milioni (2018) a 6,9 milioni (2020), conseguenza delle centomila donazioni in meno. Il crollo del consenso elettorale aggrava la situazione: gli eletti attuali in Parlamento sono solamente 138. Qualche speranza potrebbe intravedersi nei numeri del tesseramento, da cui le sezioni locali ricavano i fondi.

Ma anche qui c'è poco da sorridere: di dati ufficiali, come ricordato sopra, non ce ne sono - del resto i partiti non sono certo avvezzi a comunicare al pubblico l'emmoraggia di militanti - ma i numeri delle platee agli ultimi congressi offrono una fotografia abbastanza fedele. Nel 2009 furono 820mila, nel 2019 appena 374mila.

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