La seconda ondata sta passando come una tragica livella sull'Italia. Il teatro politico-mediatico ha ancora una grande voglia di raccontare un «disastro lombardo», ma i numeri descrivono altro. Se fino all'estate si registravano differenze abissali fra i primi epicentri e il resto del Paese, il tempo che passa colma le distanze. A novembre i morti in Lombardia sono stati il 29% del totale. Ma la Regione conta il 17% della popolazione italiana. E a febbraio erano quasi l'80%. Il bollettino nazionale di ieri attesta che guariti e dimessi in Lombardia hanno raggiunto quota 122.410. Le vittime sono purtroppo 18.571, molte. Ma raffrontando i dati con quelli dell'Emilia Romagna risulta che il rapporto fra guariti-dimessi e deceduti sia molto simile: in Lombardia 6,6 dimessi o guariti per ogni persona scomparsa; in Emilia Romagna 6. Meno doloroso, questo calcolo, nelle altre regioni, ma Lombardia ed Emilia sono appunto quelle colpite per prime. E già nella prima ondata i dati sulle Rsa, così con la variazione del tasso di mortalità e gli altri indici demografici, erano simili. Eppure la battaglia lombarda è stata raccontata come un fallimento, l'altra come una gestione esemplare del governatore Pd Stefano Bonaccini.
Nella vulgata è ancora gettonatissimo il racconto dei problemi incontrati in Lombardia, per esempio sui vaccini, e l'opposizione da 9 mesi altro non sa concepire se non la richiesta di commissariare la Regione. Eppure la situazione nelle altre regioni, pur a distanza di tempo, riproduce difficoltà e problemi simili, se non peggiori. «Nel Lazio - racconta il consigliere regionale Fdi Antonello Aurigemma - i medici di famiglia che dovrebbero fare i vaccini da 59 anni in su hanno ricevuto il 20% di quelli richiesti e stanno diventando pazzi chiamando le Asl. Le farmacie non li hanno, i medici hanno ricevuto da 400 a 600 richieste inoltrandole alle Asl, che dovevano da delibera fornire vaccini dal 15 settembre. Siamo a novembre e qualcuno l'influenza se l'è già beccata». Zingaretti ha minimizzato: «Polemiche ingenerose». Aurigemma però ha sperimentato certe carenze: «Da positivo asintomatico, ho ricevuto la prima chiamata a 20 giorni dal primo tampone e poi 10 giorni dopo il tampone negativo».
In affanno la Puglia. «Siamo al fai da te» ha accusato la Uil parlando di scuola, mentre l'Ugl ha denunciato «condizioni insostenibili» nelle Rsa. Pochi giorni fa l'assessore alla Sanità Pier Luigi Lopalco, ha ammesso un «problema insormontabile»: «Anche a pagarli a peso d'oro un infermiere non lo troviamo». E il presidente dell'Ordine dei medici di Bari ha avvertito: «Se questo andamento non rallenta, nel giro di 30 giorni avremo oltre 22mila positivi e 1876 posti letto occupati dei 2000 ad oggi previsti. Se dovessimo arrivare a gennaio con questi ritmi di crescita, con l'arrivo dell'influenza stagionale il sistema andrà in tilt». Le carenze di vaccino emergono dalle cronache di mezza Italia: 11 dosi per farmacia, esaurite in un'ora titolava due giorni fa il Mattino. Notizie simili da Reggio Emilia e Modena.
Anche in Toscana il Tg regionale ha raccontato che mancano 210mila dosi, ma la Regione rassicura e le notizie restano nelle pagine locali, come il dramma raccontato dal Tirreno di un cassiere di 39 anni morto a Livorno «aspettando il tampone».
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