Attentato a Londra

Solo otto minuti dall'allarme alla fine del blitz. Le teste di cuoio hanno evitato la carneficina

Stavolta niente effetto sorpresa. Ma decisiva è stata anche la reazione della gente

Solo otto minuti dall'allarme alla fine del blitz. Le teste di cuoio hanno evitato la carneficina

Gli agenti di guardia nella situation room dell'MI5, l'ente per la sicurezza e il controspionaggio del Regno Unito, di guardia ci stanno davvero. Stare all'erta è il loro mestiere, si dirà. Ma a Thames House, sede della «Military Intelligence, sez. 5», quella che si occupa della sicurezza «interna», l'altra sera lo stato di allarme era più alto del solito. Nessun ordine particolare. Nessun «avviso». Solo una sorta di premonizione, dicono. E quel certo fiuto che fa di un poliziotto un bravo poliziotto, nonostante lo stato di allarme fosse stato recentemente declassificato, da «critico» a «grave». Sul cielo di Londra si era andato addensando un mix di coincidenze insolitamente allettanti, per i soldati di Allah assetati di sangue, meglio se di inermi innocenti. Un sabato sera di baldoria per le vie del centro; il Ramadan alle porte, e le elezioni politiche dietro l'angolo; per non dire di quel «pissi pissi» in codice registrato in entrata e in uscita da certe moschee suburbane, via filo e via chat, che avevano fatto salire fin dalla mattinata il livello di adrenalina. «Perché non stasera?» si era detto, parlandone con gli uomini e le donne della sua squadra, un ispettore di cui ovviamente non si fa il nome.

Dall'attentato del 22 marzo scorso a Westminster, con quel suv che saliva e scendeva dal marciapiede schiacciando uomini e donne, all'MI5 si sono detti che la tecnica del camion, o del furgone «impazzito» è troppo «cute», troppo furba, per non riprovarci. Rubi un mezzo pesante, lo lanci sulla folla e il gioco è fatto. Intercettarli per tempo non sarà facile, si sono detti tante volte a Thames House. «Ma beccarli quasi sul fatto, se stiamo veramente pronti, ce la possiamo fare». E infatti. Otto minuti dal primo squillo d'allarme, e i tre accoltellatori di Allah filavano già verso la morgue. Loro e le loro false cinture esplosive, confezionate con cinque o sei panetti di cartapesta e lamierino. Terroristi «fai da te», gente di periferia, marginali, cani sciolti, radicalizzati ma non inquadrati in una Spectre del terrore, che come abbiamo osservato altre volte in passato, in analoghi episodi, non esiste.

Stavolta, a dare man forte agli agenti dei servizi e alle squadre speciali di Scotland Yard, ci si è messa anche la gente comune. Perché non tutti si sono fatti prendere dal panico. Molti hanno reagito, scagliando contro gli aggressori tavoli, sedie, bottiglie di birra, suppellettili di ogni genere. Pronta la reazione delle forze dell'ordine, e veloci anche i soccorsi, con un via vai di ambulanze che si sono mosse seguendo un piano preordinato che viene affinato ogni settimana. Il tutto al Borough Market, nuovo centro della movida londinese, con i suoi bar e ristoranti battenti le più stravaganti bandiere estremorientali che il sabato sera vengono presi d'assalto da residenti e turisti. Eccolo, dunque, il modello di integrazione che per anni ci è stato spacciato come quello ideale.

La verità è che, come in Francia, anche in Gran Bretagna i musulmani vivono in ghetti di periferia dove la marginalità sociale e il rancore maturato tra le fasce degli esclusi ha funzionato, e funziona, da innesco per i predicatori alla Anjem Choudary, una degli inturbantati di Allah che negli anni scorsi ha seminato odio e armato la mano di ragazzi e ragazze facendogli vagheggiare quella «swinging jihad» che noi ancora stentiamo a comprendere.

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