Guerra in Israele

Il sospetto di Biden. "Bibi punta il Libano per allungare i tempi e restare al potere"

Finché c'è guerra c'è speranza. Il sospetto aleggia in una Casa Bianca convinta che Bibi Netanyahu punti ad allargare il conflitto al Libano per garantirsi una sopravvivenza politica e una vittoria capaci di restituirgli il favore popolare

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Finché c'è guerra c'è speranza. Il sospetto aleggia in una Casa Bianca convinta - rivela il Washington Post - che Bibi Netanyahu punti ad allargare il conflitto al Libano per garantirsi una sopravvivenza politica e una vittoria capaci di restituirgli il favore popolare. La prospettiva fa tremare i polsi a Joe Biden e rischia di trasformare in «missione impossibile» la nuova trasferta del Segretario di Stato Antony Blinken spedito in Israele con il compito di arginare le velleità belliche dell'alleato. La ricomposizione diplomatica auspicata da Blinken, transitato nei giorni scorsi da Turchia e Giordania, fa i conti anche con la complessa situazione dei territori settentrionali di Israele. Lì i missili di Hezbollah hanno imposto lo sfollamento di 80mila civili evacuati a Sud per garantirne la sicurezza. Una situazione definita intollerabile da Netanyahu e dal ministro della difesa Yoav Gallant che puntano a risolvere il problema anche a costo di una guerra totale con Hezbollah. «Se potremo useremo la diplomazia - ha detto ieri Netanyahu spiegando ai propri ministri la necessità di riportare a casa gli sfollati - altrimenti useremo altre vie». Un chiaro monito al partito di Dio i cui missili continuano a colpire il nord d'Israele. Un monito reiterato dal ministro della Difesa Yoav Gallant. «Preferiremmo - sottolinea Gallant - la soluzione diplomatica, ma siamo sempre più vicini al giro di clessidra».

Il paventato «giro di clessidra» prevederebbe un'invasione del Sud del Libano accompagnata da intensi bombardamenti su Beirut e sul resto del Paese fino all'arretramento delle milizie sciite e alla creazione di una zona di sicurezza estesa dal confine israeliano al corso del fiume Litani, 29 chilometri più a Nord. La soluzione ricalcherebbe quella adottata da Israele dal 1982 fino al ritiro dal Libano del 2000. Ma, come già dimostrò la guerra con Hezbollah del 2006, un ritorno al Litani rischia di rivelarsi estremamente complesso. Il Partito di Dio dispone, secondo Israele, di almeno centomila testate capaci di colpire città, centri industriali e centrali atomiche. Per spingere lontano dal confine i militanti sciiti i jet con la stella di Davide bersaglierebbero Beirut e gran parte del Libano meridionale causando - secondo stime americane - dai 300mila ai 500mila morti. Ma anche così potrebbe non bastare. Secondo la Dia, (Defence Intelligence Agency) l'intelligence militare statunitense, il doppio fronte di Gaza e del Libano meridionale costringerebbe Israele a disperdere le sue forze. E questo renderebbe complessa l'avanzata in un Libano meridionale che Hezbollah ha disseminato di fortificazioni e tunnel ben più lunghi e profondi di quelli trovati a Gaza. Senza contare la maggior preparazione militare di un Partito di Dio dotato di arsenali assai più vasti di quelli di Hamas.

Ma a impensierire la Casa Bianca è soprattutto il timore di dover arginare un'eventuale discesa in campo iraniana al fianco del Partito di Dio. L'eventualità trasformerebbe Libano, Siria, Gaza, Nord Israele, Irak e Yemen in un unico confuso fronte dove americani e israeliani dovrebbero vedersela non solo con Hezbollah e Pasdaran, ma anche con decine di milizie sciite armate e foraggiate da Teheran. Lo scenario secondo il Washington Post agita soprattutto un Biden preoccupato di dover gestire una guerra in piena campagna elettorale.

Un incubo che già a fine ottobre costrinse l'anziano presidente a volare di persona a Gerusalemme per riportare a più miti consigli un Netanyahu pronto, fin da allora, allo scontro diretto con Hezbollah.

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