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"Lo spoils system è regolato dalla legge. Lo hanno usato tutti, ma proprio tutti"

Il costituzionalista: "Il principio è corretto, la Consulta dice che la norma non vìola la Carta. I governi hanno il diritto di scegliere"

"Lo spoils system è regolato dalla legge. Lo hanno usato tutti, ma proprio tutti"

Nessuno scandalo: «Lo spoils system esiste da duecento anni e in Italia è regolato da una legge del 2002. Il problema semmai è nell'applicazione concreta: si deve puntare su figure meritevoli». Alfonso Celotto, costituzionalista, professore universitario e capo di gabinetto di diversi ministri, cerca di fare ordine su una materia incandescente che tocca la sensibilità dell'opinione pubblica.

Professore, senza troppi giri di parole, lo spoil system è la lottizzazione selvaggia imposta dalla politica alla pubblica amministrazione?

«Ma no, lo spoils system negli Usa esiste da duecento anni. Certo lì è tutto più semplice».

Perché?

«Perché ci sono solo due partiti: i Democratici e i Repubblicani. Ed è normale che Biden si porti i tecnici e gli esperti che la pensano come lui, che gli sono in qualche modo più vicini, insomma quelli di cui si fida. Anche se magari quelli che se ne vanno sono bravissimi, magari i migliori».

In Italia è tutto più contorto.

«Certo, abbiamo tanti partiti, tante aree culturali, tanti governi che si susseguono e spesso hanno vita breve. Ma il concetto non cambia».

L'appartenenza o la vicinanza vince sul merito?

«Si tratta di bilanciare le diverse esigenze, ma il principio di fondo è corretto, o comunque non ci trovo nulla di anomalo: le prime linee, i capi dipartimento e i direttori delle agenzie rimangono finché rimane il governo. Poi, per carità, possono essere confermati, ma tutti i governi hanno il diritto di scegliere per i ruoli apicali persone di loro gradimento. È un problema di consuetudine, di sintonia, di comunanza di ideali».

Non è anche una forma di arroganza e di arbitrio, come adesso gridano le opposizioni?

«C'è una legge del 2002 che regola questa realtà e che tutti, proprio tutti, hanno usato».

E la norma è sufficiente a tutelare il bene comune?

«Sulla carta sì, perché non è che si possa mettere un amico, solo perché tale, o un passante a capo, che so, del dipartimento giuridico di Palazzo Chigi o dell'agenzia delle Dogane. Ci vogliono certi requisiti e questo garantisce o dovrebbe garantire l'arrivo di competenze e professionalità adeguate. Fra l'altro, la Consulta ha stabilito nel 2006 che la norma rispetta i principi del buon andamento e dell'imparzialità, insomma non è in contrasto con la Costituzione».

I giornali però continuano a raccontare storie controverse che suscitano dubbi e sospetti nell'opinione pubblica: è di pochi giorni fa la sostituzione del Commissario per la ricostruzione nelle aree terremotate del Centro Italia. Giovanni Legnini aveva lavorato bene, ma la logica di parte ha prevalso ed è arrivato Guido Castelli, che pure è persona apprezzata.

«Le capacità di Legnini sono sotto gli occhi di tutti, l'esecutivo avrebbe anche potuto svolgere una riflessione supplementare, ma in generale la rotazione ha un senso. Del resto polizia, carabinieri e tanti altri corpi dello Stato seguono le stesse dinamiche. Stai un certo periodo in un certo incarico, poi cambi: non è lo spoils system ma ci va vicino. Così si evitano incrostazioni di potere e si scongiura l'abitudine all'incarico, la perdita di freschezza».

Ma così non si perdono o peggio sperperano tante risorse?

«Certo, se un governo cade dopo pochi mesi è un guaio, ma non va bene che un tecnico resti al vertice quindici o venti anni e un ministro un anno o due. Così si capovolgono i ruoli: è il direttore che detta l'agenda al ministro».

Lo stesso criterio vale anche per le società pubbliche?

«In qualche modo sì, ma qui è il calendario con le sue scadenze a dare il ritmo. Nei prossimi mesi avremo un nuovo cda di Ferrovie, e poi ancora nomine pesanti in Mps, Enel e Eni, solo per citare alcuni colossi, ma il valzer degli avvicendamenti non è imposto dalla Meloni o da chi per lei, ma appunto dalla conclusione di un ciclo. Poi, certo, è sempre doveroso scegliere manager di assoluta caratura.

Lealtà e bene comune devono andare a braccetto».

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