Per lo sprint Macron va in periferia

Il presidente riparte da sicurezza e banlieue, il solo tema che lo ha visto in difficoltà

Per lo sprint Macron va in periferia

All'indomani del duello tv tra Emmanuel Macron e Marine Le Pen, il presidente-candidato al bis sceglie la banlieue a Nord di Parigi per lanciare la volata. Si fa fotografare in uno stadio all'aperto circondato da giovani atleti e quando vede un ragazzo con i guantoni da box li indossa senza indugio, scambiando jab.

Un messaggio potente, seguito da parole cariche di significato, in un terreno dove il verbo lepenista non ha attecchito al 100%, ma la periferia «di Mélenchon» è tentata: «Non dobbiamo abituarci all'ascesa di idee di estrema destra, vent'anni dopo quello che è stato uno choc per la nostra democrazia», tuona Macron. Il riferimento è al 2002 in cui Jean-Marie Le Pen si classificò contro Jacques Chirac, il quale poteva contare allora su un solido fronte repubblicano (era considerato immorale anche solo intervistarlo).

Oggi quel «fronte» è più labile e meno strutturato. Solo le banche francesi fanno davvero «sbarramento» ai lepenisti, non prestano soldi a Marine e al suo partito ribattezzato Rassemblement National, costringendo l'estrema destra ad attingere dall'estero ed esponendo di conseguenza il fianco di BleuMarine ad attacchi come quello sferrato da Macron nel dibattito tv: «Quando lei parla con la Russia, parla con il suo banchiere». Un gancio diretto al ventre della rivale, seguito dall'idea che Le Pen non potrebbe opporsi alla Federazione a causa di questa dipendenza, se mai dovesse rappresentare la Francia sulla scena internazionale.

Il presidente-candidato, in tv ha citato il prestito contratto nel 2014 dal Front national, 9 milioni di euro dalla First Czech-Russian Bank. Da allora, l'istituto è fallito e il debito trasferito ad Aviazaptchast, azienda gestita da ex soldati russi specializzata in pezzi per aerei. Nel 2020, l'intesa per coprirlo entro il 2028. «È una nota agenzia di riciclaggio di denaro, creata su indicazione di Putin», denuncia l'attivista russo Alexey Navalny, che invita a votare Macron.

«Non dobbiamo abituarci all'ascesa di idee di estrema destra», insiste il presidente uscente, che riprende fiato dopo lo scambio in guantoni e prosegue il suo mini-comizio improvvisato tra i giovani di Saint-Denis, dove sorgerà il villaggio olimpico 2024. Si lamenta dei dibattiti che hanno diviso la società e stigmatizzato alcune popolazioni; abbozza le linee guida del suo piano Quartieri 2030 per le classi popolari. Ma è nella banlieue, nell'ennesima operazione seduzione, perché nel duello Le Pen lo ha messo all'angolo almeno una volta: quando ha parlato dell'insicurezza di città, quartieri e villaggi, mescolando l'aspetto religioso con la violenza urbana e il terrorismo; e in tv Macron non aveva saputo forse rispondere a dovere.

«Nessuno di questi problemi si risolve separando la società», dice Macron, «il mio primo messaggio è di considerazione e rispetto». È in vantaggio. Sia nelle intenzioni di voto, 57,5% contro il 42,5% di Le Pen (guadagnando 1,5 punti dopo la tv); sia nel post dibattito, seguito da 15,6 milioni di spettatori (un milione in meno del 2017). Secondo OpinionWay-Kéa Partners per Les Echos, è stato più convincente per il 41%; il 31% è per BleuMarine. Il 27% li dà ex aequo; indecisi. Per Jean-Luc Mélenchon, detentore della riserva di voti di sinistra utili a spuntarla qui come altrove, il dibattito è stato un «pasticcio».

Si vedrà se l'ultimo colpo di comunicazione del presidente, nella banlieue divisa tra gauche e astensionismo, sarà da ko.

Istruzione, alloggio, lavoro, sicurezza. Marine è tornata intanto nella Francia profonda, ad Arras, davanti a 4mila persone nel Nord Pas-de-Calais. Resterà nel suo feudo elettorale, tra mercati e botteghe.

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