Lo #staisereno infinito Renzi massacra ancora Letta

Affondo dell'ex segretario: "L'Europa non lo voleva". La replica piccata: "Rimesta tra note vicende del 2014"

Matteo Renzi alla Feltrinelli di Palermo
Matteo Renzi alla Feltrinelli di Palermo

Matteo Renzi contro Enrico Letta, Enrico Letta contro Matteo Renzi: la storia infinita di una rivalità che iniziò con il famoso hashtag «Enrico stai sereno», e culminò in quel gelido scambio di campanello a Palazzo Chigi, continua a ripetersi. E cinque anni dopo i due sono ancora lì, a incrociare le armi in un duello eterno come quello dei due ufficiali napoleonici, intenti a rincorrersi per tutta Europa, del racconto di Joseph Conrad. Personalità diverse, diverse armi: Renzi, da RepIdee, usa la sciabola. Letta, replicandogli via Twitter, usa un fioretto affilato come un rasoio.

L'ex premier ed ex segretario del Pd, ora «senatore semplice» come gli piace autodefinirsi, era protagonista ieri alla festa estiva del quotidiano La Repubblica. Stuzzicato dalle domande di Stefano Cappellini, non ha resistito alla tentazione di lanciare qualche strale in direzione del suo predecessore a capo del governo. Affondando innanzitutto la possibile candidatura di Letta alla guida del Consiglio europeo, di cui molto si è parlato in questi giorni, e contro cui Lega e Cinque Stelle (anche se Di Maio non ha capito di che incarico si tratti, e lo confonde con la Commissione Ue) si sono scagliati. Per Renzi (che in realtà sarebbe anch'egli un potenziale candidato, in quanto ex presidente del Consiglio) la candidatura non esiste: «Ho l'impressione che sia molto forte nelle redazioni italiane, più che nelle cancellerie europee», afferma sornione, sbeffeggiando - senza citarla - anche la medesima Repubblica, che nei giorni scorsi è stato il quotidiano più deciso nel riferire che Letta era in pole position per la poltrona di Donald Tusk. Non è la prima volta che si parla di Letta candidato a quel ruolo: nel 2014 il governo presieduto proprio da Renzi fu accusato di aver boicottato la nomina. Lui ha più volte negato che sia andata così: «Se Francia e Germania avessero voluto Enrico presidente del Consiglio, lo avrei portato di corsa», dice. Ma, ha spiegato più volte, «questa ipotesi non è mai esistita, anche perché fu la Merkel in persona a dirmi che l'Italia, per poter ambire a quell'incarico, avrebbe dovuto rinunciare alla Banca Centrale europea», cioè alla presidenza di Mario Draghi.

Ma non finisce qui: viene rievocata anche la saga della successione a Palazzo Chigi, e le voci di un complottone renziano per rubare il posto al collega di partito. Non fu così, secondo l'ex leader dem: Letta è andato a casa per sua colpa, dice Renzi, perché «i risultati economici di quel governo erano devastanti - ha ribadito per l'ennesima volta - il Pil era a -1,7%, le riforme erano bloccate, il Parlamento fermo e quindi ci assumemmo la responsabilità di un cambio». E fu proprio la minoranza antirenziana del Pd, ricorda, con il capogruppo Speranza, Cuperlo e gli altri, a spingere per il cambio della guardia prima del temuto voto alle Europee, e a «sfiduciare» Letta in una drammatica riunione della direzione del partito. Poi, però, «la vicenda con Letta è falsata dalla mitica discussione sullo stai sereno».

La risposta di Enrico Letta non si fa attendere.

Arriva con un tweet, e dietro il tono distaccato le parole sono taglienti come un rasoio: «Leggo Matteo Renzi prendersela ancora con me scrive l'ex premier che si è ritirato dalla politica italiana dopo quella sconfitta, rimestando sulle stranote vicende del 2014 (5 anni fa una vita). Mi permetto un consiglio, sulla base della mia personale esperienza: volti pagina, guardi avanti. Si fanno cose interessanti e si sta anche meglio».

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