"Lo Stato di Palestina un regalo ai terroristi. La pace coi rapiti a casa e Hamas distrutta"

Il presidente della Knesset Amir Ohana: "A Gaza migrazione volontaria"

"Lo Stato di Palestina un regalo ai terroristi. La pace coi rapiti a casa e Hamas distrutta"

“Riconoscere lo Stato di Palestina è l'atto di leader deboli: i Chamberlain del nostro tempo. È una ricompensa ad Hamas per le atrocità del 7 ottobre”. Amir Ohana, il presidente della Knesset, ha idee molto chiare sull’argomento.

Presidente Ohana, è partita l'operazione militare a Gaza City. E' certo che la sua conquista porti alla fine di Hamas?

"Lo Stato di Israele è determinato a non porre fine a questa guerra finché tutti i nostri ostaggi non saranno restituiti e le capacità militari e di governo di Hamas non saranno smantellate. Per raggiungere questi obiettivi, è necessaria una significativa pressione militare, e l'attuale operazione a Gaza lo dimostrerà molto chiaramente".

Secondo alcuni capi militari il movimento estremista è già stato sconfitto. Non c’è il rischio di una spirale di odio che potrebbe comportare conseguenze gravissime?

"Purtroppo, l'organizzazione terroristica di Hamas non è stata ancora sconfitta, sebbene abbia subito duri colpi, perdendo l'intera leadership militare e parte di quella politica. Non ci preoccupiamo dell'animosità dopo l'odio che abbiamo sperimentato il 7 ottobre. Distruggere il nemico è il nostro unico modo per affrontare l'odio. Vale la pena ricordare che Israele ha lasciato Gaza vent'anni fa, nel 2005, nell'ambito del Piano di Disimpegno. All'epoca, ci fu detto che porre fine alla cosiddetta 'occupazione' di Gaza avrebbe ridotto l'odio e portato la pace. Invece, abbiamo ottenuto il 7 ottobre. Se dobbiamo vivere di spada, è meglio che rimanga nella nostra mano che alla nostra gola".

Come giudica la mossa di alcune nazioni di voler riconoscere lo Stato di Palestina?

"Non sorprende che Hamas abbia immediatamente elogiato quei leader. Se questa mossa andrà avanti, manderà un messaggio non solo ad Hamas, ma a tutti i terroristi: è così che si fa. Omicidi di massa, incendi dolosi, stupri, mutilazioni e rapimenti saranno premiati. Ciò di cui il mondo ha bisogno ora sono i Churchill. Siamo fortunati che la potenza più importante sia guidata dal presidente Trump e che l'unica democrazia in Medio Oriente, l'unico e solo Stato ebraico, sia guidata dal primo ministro Netanyahu".

Si può dire che Israele ha perso la guerra dal punto di vista della comunicazione?

"Preferirei che i nostri soldati vincessero sul campo di battaglia e perdessero sui media, piuttosto che il contrario. O, per usare le parole del quarto primo ministro israeliano, una donna saggia di nome Golda Meir: 'Preferisco le vostre condanne alle vostre condoglianze'".

È partita la missione degli attivisti della Global Sumud Flotilla. Il ministro Itamar Ben Gvir ha detto che saranno trattati come terroristi…

"Qualsiasi flottiglia il cui scopo sia minare la capacità di Israele di controllare cosa e chi entra a Gaza – data la minaccia esistenziale che Hamas rappresentava prima del 7 ottobre e certamente anche dopo – sta commettendo un atto di terrorismo. Non c'è da stupirsi che Hamas li consideri dei partner. Queste sono flottiglie per le pubbliche relazioni. Ce ne sono state simili in passato, tutte gestite professionalmente dalle nostre forze armate. Se vogliono un panino al pastrami, come quello che Greta ha ricevuto pochi istanti prima della sua espulsione da Israele, ci sono modi molto più semplici per ottenerlo".

Donald Trump vuole fare di Gaza una meta per il turismo di lusso. Può essere la soluzione?

"Questa è la prima volta che sentiamo da un leader occidentale un'idea davvero fuori dagli schemi, con un reale potenziale per interrompere la spirale di violenza tra Gaza e Israele. Lasceremo che vivano vite meravigliose – migliori di quelle che hanno a Gaza – e non saremo più i bersagli della violenza che ci hanno rivolto per decenni".

È giusto obbligare i palestinesi ad abbandonare le loro case?

"Nessuno parla di coercizione. Stiamo parlando di migrazione volontaria".

Il ministro Bezalel Smotrich ha assicurato: “Prenderemo l’82% della Cisgiordania”. Ma gli Emirati hanno replicato: “Così saltano gli Accordi di Abramo”. Secondo lei è una mossa sensata?

"La Giudea e la Samaria sono davvero la culla della civiltà ebraica. Sono un convinto sostenitore delle comunità ebraiche in Giudea e Samaria, convinto che gli arabi abbiano già 21 stati – territori vasti, molte volte più grandi del piccolo Stato di Israele. La storia dimostra che i ritiri non hanno portato la pace; hanno solo alimentato il terrorismo. Allo stesso tempo, le nostre relazioni con il mondo arabo – e lo dico da persona che ha avuto il privilegio di servire nel governo che ha firmato gli Accordi di Abramo – sono di grande importanza per Israele e la regione. Ascoltiamo attentamente le loro posizioni, che naturalmente rispettiamo. In definitiva, dobbiamo prendere le migliori decisioni possibili e ci impegneremo a prenderle con un ampio consenso".

Dopo gli Accordi di Oslo si sarebbe voluti arrivare alla soluzione "due popoli due stati”, poi naufragata. E' ancora praticabile?

"L'idea che il conflitto del 1967 potesse essere risolto semplicemente ritirandosi entro le linee del 1967 era errata fin dall'inizio, e la maggior parte degli israeliani, che avevano imparato dall'esperienza, vi si oppose anche prima del 7 ottobre. Dopo gli orrori del 7 ottobre, anche i pochi che la sostenevano hanno smesso di appoggiare tale posizione. Ora capiscono che premierebbe il terrorismo e ridurrebbe, non aumenterebbe, le possibilità di pace".

Gli oppositori di Benjamin Netanyahu pensano che è ostaggio dell'ultradestra religiosa. Il premier deve affrontare anche un processo per corruzione e alcuni pensano che prolunghi la guerra per evitarlo…

"I lettori potrebbero essere sorpresi nell'apprendere che il processo è in corso, con il primo ministro Netanyahu che testimonia anche nel mezzo della guerra. I casi inventati da elementi corrotti ai vertici delle forze dell'ordine israeliane stanno crollando e la verità sta venendo a galla. Non c'è alcun collegamento tra la necessità di raggiungere gli obiettivi della guerra e il processo, le considerazioni sulla coalizione o nessuna di queste false affermazioni. Nessun esercito ha mai dovuto combattere in tali condizioni: i terroristi di Hamas si nascondono nei tunnel sotto scuole, ospedali e moschee, mentre noi facciamo tutto il possibile per evitare di danneggiare i civili non coinvolti. Se potessimo separare i terroristi di Hamas dalla popolazione civile e dai nostri ostaggi, questa guerra finirebbe in una settimana, e questo sarebbe nell'interesse di Israele".

Netanyahu è stato incriminato dalla Corte penale internazionale e alcuni osservatori e agenzie parlano di genocidio a Gaza. Che cosa ne pensa di queste accuse?

"In primo luogo, il primo ministro Netanyahu non è stato condannato per alcun reato: è stato semplicemente accusato falsamente. Un'incriminazione è ben lungi dall'essere una condanna. Queste accuse infondate sono state mosse da un pubblico ministero corrotto, ora al centro di un grave scandalo, incolpato di molestie sessuali. Per distogliere l'attenzione dalla propria condotta scorretta, il procuratore capo della CPI Khan ha agito in modo manipolativo. Sia l'atto d'accusa che il pubblico ministero finiranno nel dimenticatoio della storia. In secondo luogo, vorrei porre alla Corte una sola domanda: come si aspettano che rispettiamo il primo principio del diritto internazionale ovvero: l'autodifesa? Non abbiamo iniziato questa guerra. Il 6 ottobre, i bambini di Gaza e di Israele dormivano pacificamente nei loro letti. La guerra è iniziata da Gaza e può finire oggi, se Hamas restituisce tutti i nostri ostaggi e depone le armi. Hamas sta prolungando questo conflitto e sta causando sofferenze alla popolazione di Gaza, non a Israele".

Israele combatte su diversi fronti, non solo quello di Gaza. Il Libano, la Siria, lo Yemen e qualche mese fa anche l’Iran. Qual è l'obiettivo militare e politico dello Stato ebraico?

"L'obiettivo di Israele è quello di realizzare il principio nato dall'Olocausto, in cui sei milioni di persone – un terzo della nostra popolazione – furono assassinate: Mai più accadrà. Questo non può rimanere uno slogan finché regimi assassini (anche contro il proprio popolo) minacciano apertamente la distruzione dello Stato ebraico e cercano le armi per farlo. Israele non ha mai voluto la guerra. Ha teso la mano in segno di pace a ogni stato della regione".

Come sono i rapporti in questo momento con l’Italia e la premier Meloni?

"Le relazioni tra Italia e Israele sono eccellenti. Ho avuto il privilegio di essere ospitato dai miei omologhi, i presidenti Fontana e La Russa, al parlamento italiano, dove ho incontrato anche il presidente del consiglio Meloni. In una delle mie conversazioni con il ministro degli Esteri Tajani, mi ha detto qualcosa che ho profondamente apprezzato e per cui lo rispetto: che l'Italia non riconoscerà uno stato palestinese prima che lo faccia Israele stesso".

Perché l'insorgere di un nuovo antisemitismo?

"Questo è l'odio più antico della storia umana.

C'è sempre chi cerca di trovare delle ragioni per convalidarlo, ma gli eventi hanno dimostrato che, qualunque cosa faccia il popolo ebraico, verranno sempre inventate menzogne per accusarlo, sia di cose che non ha mai compiuto, sia delle stesse azioni che i nostri nemici commettono contro di noi. È profondamente preoccupante. Pur incoraggiando l'Aliyah (immigrazione) in Israele, è anche importante per noi che le comunità ebraiche si sentano al sicuro ovunque scelgano di vivere".

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