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"Stop all'abuso d'ufficio. È un reato indeterminato"

Il sottosegretario Fdi alla Giustizia: "Su Corte dei Conti e Pnrr critiche incomprensibili e frettolose"

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«Sorpreso dello sciopero dei magistrati? Non so, direi però incredulo per uno sciopero proclamato prima ancora di prendere atto della stesura del testo definitivo che si critica. Io attenderei il testo per articolare i motivi della mia contrarietà, soprattutto se si tratta di rapporti fa poteri dello Stato». Il sottosegretario Alberto Delmastro Delle Vedove sfoglia i quotidiani che parlano dell'ennesimo scontro tra toghe e governo sulla riforma della giustizia di cui da oggi si discute in Parlamento. «In ogni caso - dice - non sta a me giudicane le modalità, lo sciopero fa parte della dialettica democratica di una Nazione».

Entrando nel merito?

«Nel merito sono convinto che sapremo convincere della bontà delle soluzioni proposte ad annosi problemi che affliggono la giustizia italiana. Non demordo: le riforme vanno condivise e lavoreremo in questo senso».

Partiamo dal caos intercettazioni: cosa farete?

«L'uso delle intercettazioni, quali mezzi di ricerca della prova e strumento di indagine, deve essere preservato. Diversamente l'abuso delle stesse nel cortocircuito mediatico è intollerabile perché idoneo a distruggere l'onorabilità sociale di persone, talvolta neanche indagate, spesso con la diffusione di circostanze assolutamente estranee al tema di indagine. Lo sforzo corale oggi al ministero è proprio volto a contrastare questo abuso».

Passiamo a un altro abuso, quello d'ufficio. Come verrà modificato il reato?

«L'abuso di ufficio, nella sua indeterminatezza, ha comportato la cosiddetta paura della firma da parte di dirigenti e amministratori locali, determinando spesso la paralisi amministrativa. Amministratori e dirigenti non sanno oggi se il loro comportamento domani verrà giudicato o meno illecito. Soprattutto in tempi di Pnrr non possiamo permetterci il freno a mano tirato sull'agire amministrativo per via di fattispecie giuridiche contrassegnate da vaghezza, indeterminatezza e atipicità».

Come risponde a chi contesta all'esecutivo le scelte su Corte dei Conti e Pnrr

«Dovrei prima capire l'oggetto della contestazione. Abbiamo semplicemente prorogato una norma dei precedenti governi che prevede che l'amministratore, nella realizzazione del Pnrr, continua a rispondere per dolo e non per colpa grave. Non possiamo assumere le medesime determinazioni che hanno assunto Giuseppe Conte e Mario Draghi? Se lo fanno loro serve per velocizzare l'attività amministrativa, se lo facciamo noi esiste un non meglio precisato piano diabolico? Non capisco il motivo delle indignazioni, ma l'Italia è piena di indignati speciali a corrente alternata come le palline dell'albero di Natale a seconda delle posizioni ricoperte».

I magistrati contabili la vedono diversamente...

«Forse il tema è che vogliamo contenere il controllo concomitante che si configura come una ingerenza della attività amministrativa tale da - e cito il presidente della Corte dei Conti Guido Carlino - ledere al riserva di amministrazione, pur mantenendo inalterati tutti i controlli tradizionalmente assegnati alla Corte dei Conti? Se fosse questa l'altra critica continuerei a non capire. Ma mi sento in buona compagnia con il presidente emerito Sabino Cassese».

Alla riforma Cartabia serve un tagliando?

«Pur con tutti il rispetto per la presidente Marta Cartabia, serve più di un ritocco e ci stiamo lavorando. La disarmonia del governo Draghi, nella cui pancia si agitavano forze che nulla condividevano sulla giustizia, ha prodotto fatalmente compromessi al ribasso. In nessun campo, come nella giustizia, sono necessarie sintesi e condivisione e non compromessi al ribasso».

Ci fa qualche esempio?

«Dopo l'infausta parentesi bonafediana che eliminò là prescrizione disegnando un universo concentrazionario di indagati e imputati a vita, il ministro Cartabia ha introdotto la cosiddetta improcedibilità in appello per salvare capre e cavoli. Risultato? Siamo l'unico sistema in Europa che ha un Frankenstein giuridico, un ibrido processuale per cui residua la prescrizione sostanziale in primo grado nominalisticamente e abbiamo la prescrizione processuale in secondo grado, che di fatto si trasforma in una corsa ad ostacoli contro il tempo per accertare la verità processuale dei fatti. Bastava reintrodurre la prescrizione che è agganciata alla gravità del reato e alla pericolosità sociale del reo».

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