Europa

Stop Ue alla pesca a strascico. La rivolta del "mare" italiano

Bruxelles prevede di eliminare la tecnica entro il 2030. Coldiretti: "Così si affonderebbero 3mila pescherecci"

Stop Ue alla pesca a strascico. La rivolta del "mare" italiano

Le sirene dei pescherecci di molti porti italiani hanno suonato all'unisono ieri mattina per far arrivare a Bruxelles il dissenso del settore per le nuove linee europee che prevedono la scomparsa della pesca a strascico entro il 2030, partendo con un taglio fino al 30 per cento delle aree di pesca attuali tra il 2024 e il 2027.

La protesta è indirizzata contro le scelte del Commissario alla Pesca e all'Ambiente Virginijus Sinkevicius, provvedimenti che secondo Coldiretti Impresapesca rappresenterebbero un colpo durissimo per la flotta italiana. Già a febbraio il ministro dell'Agricoltura Francesco Lollobrigida aveva manifestato le sue perplessità, condivise con quasi tutte le nazioni europee, per la proposta della Commissione, temendo che possa avere più controindicazioni che vantaggi. La scomparsa della pesca a strascico, il settore più produttivo della marineria nazionale, «affonderebbe» infatti quasi tremila pescherecci, con un impatto devastante sull'economia, sull'occupazione e sui consumi. Da Gallipoli, ad Anzio, fino a Viareggio. Basti pensare che solo in Toscana la pesca a strascico vale 30 milioni di euro, il 60% dell'intero fatturato sviluppato dalla pesca in regione.

Così, anche se mancano ancora sette anni allo stop, nei porti di tutta Italia e di Europa c'è molta preoccupazione per la decisione della Commissione europea di eliminare questo tipo di pesca, che rappresenta in termini di produzione ben il 65 per cento del pescato nazionale. La mobilitazione ha riguardato tutta l'Unione Europea con l'hashtag #SOS_EU_Fishing per tutto il weekend. Le scelte fatte dalla Ue vengono considerate frutto di un estremismo ambientalista lontano dalla logica e che non tiene conto peraltro di quanto è stato già intrapreso sul fronte della tutela degli stock, con le norme di contenimento dello sforzo di pesca nel Mediterraneo avviate nel 2019 e seguite dai pescherecci italiani. Norme che, a detta della stessa Commissione, cominciano a dare risultati positivi sul fronte della conservazione delle risorse ittiche. Coldiretti Impresapesca ritiene che questo risultato sia stato raggiunto grazie ai sacrifici delle marinerie italiane, che di fatto vengono ora cancellati, a vantaggio dei pescherecci dei Paesi extraUe che si affacciano sul Mediterraneo che non seguono le stesse regole e sono liberi di pescare anche più di prima, approfittando delle restrizioni a cui sono obbligati i colleghi europei.

Tra l'altro la pesca a strascico è stata eliminata senza che siano state previste risorse adeguate per la riconversione, determinando la rinuncia ai 2/3 del pescato nazionale. Questo mentre, nel 2022, nei supermercati e nei ristoranti del nostro Paese sono arrivati oltre 1 miliardo di chili di prodotto straniero tra fresco e trasformato, pronto spesso per essere servito a tavola come tricolore. Alle importazioni selvagge e alle scelte Ue - denuncia inoltre Coldiretti Impresapesca - si sommano anche gli effetti combinati del surriscaldamento, dei cambiamenti climatici e di una burocrazia comunitaria sempre più asfissiante, con il risultato che nello spazio di un trentennio sono già scomparsi il 33 per cento delle imprese e ben 18mila posti di lavoro, con la flotta ridotta ad appena 12mila unità.

A preoccupare il settore c'è poi la novità del pesce in provetta.

L'ultima deriva arriva dalla Germania, con i primi bastoncini di sostanza ittica coltivati in vitro senza aver mai neppure visto il mare, mentre negli Usa con un'abile strategia di marketing si stanno buttando sul sushi in vitro.

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