Strappo, vertici e gelata finale. Una trattativa sull'ottovolante

Quella tabella in aprile ha aperto le ostilità. Poi i tentativi (inutili) di placare Donald

Strappo, vertici e gelata finale. Una trattativa sull'ottovolante
00:00 00:00

È stato sin da subito un ottovolante. E la tabella nel Giardino delle Rose, consegnata alle telecamere da Trump lo scorso 2 aprile, il biglietto per salirci. L'Ue ci si è trovata sopra ob torto collo, cercando in corsa di individuare l'altezza giusta dove farlo fermare; provando a capire se quello celebrato dal tycoon come Liberation Day, e i dazi «reciproci» come addio a presunte scorrettezze di partner commerciali «che si sono approfittati di noi», fosse davvero un punto di rottura con lo storico Vecchio continente alleato; o solo l'ennesimo annuncio a uso e consumo della propaganda Maga con l'idea di far cassa in dogana e rilanciare l'industria statunitense, pur sapendo che il deficit commerciale non dipende dalla presunta rapacità Ue sul mercato, né dalle tariffe, ma da quanto l'America consuma rispetto a quanto produce.

Da Bruxelles, calma e gesso, e paura per un Pil europeo già stimato in crollo in caso di guerra di beni e giochi diplomatici. L'invito affrettato dell'Eliseo ai produttori d'Oltralpe a sospendere gli investimenti negli States è stato subito silenziato dai 27, poi via al dialogo. Annunci, minacce e frenate, diventati via via trattativa comune abbozzata anche grazie all'olio infuso da Roma negli ingranaggi Usa-Ue, per non rompere col Trump II sull'onda dello choc iniziale. L'attendismo per capire se davvero il tycoon facesse sul serio è stato inizialmente premiante. Bruxelles, ottenuto il congelamento di 90 giorni dei «reciproci», ha scelto di non rispondere a quelli su auto, acciaio e alluminio e 10% su merci Ue; ha proposto zero dazi sui beni industriali; ha sospeso il «bazooka» pronto a colpire icone del Made in Usa come Harley-Davidson e Levi's e prodotti provenienti da Stati che hanno votato Trump per far sentire al tycoon i morsi dei sondaggi che sui dazi non lo premiano. Manovra a orologeria, poi contatti a singhiozzo, il disgelo tra The Donald e Von der Leyen con la stretta di mano in Vaticano alla messa esequiale per Francesco I; finestra di opportunità seguita all'ipotesi di acquisti maggiori di gas liquido dagli Usa e armamenti. La dialettica aveva scadenza luglio. Ma nonostante i ramoscelli di ulivo portati a Washington anche dal commissario Sefcovic, dalla telefonata a Trump del neocancelliere Merz il 9 maggio con l'idea «zero tariffe Ue-Usa», fino al trilaterale del 18 maggio a Palazzo Chigi tra il vicepresidente Usa Vance, Meloni e Von der Leyen con cui sembrava fatta la pace Usa-Ue, il dialogo non è decollato. Zero progressi. Interlocuzione aperta anche ieri senza intese. Fino all'ultimo guanto di sfida di Trump: 50% di dazi dal 1° giugno. E no a trattare. Chiaro, finora, il messaggio Ue alla Casa Bianca. Spiacente, l'America non può solleticare i singoli Stati Ue come fatto con Londra: anche se ogni Paese ha qualche gemma da difendere, dal cognac francese al prosecco italiano alla farmaceutica dell'Irlanda, i 27 si sono compattati considerando gli annunci di Trump una spregiudicata arma negoziale a cui resistere senza isterismi.

Si è fatto quadrato anche sugli altri rimbrotti di The Donald, che non gradisce neppure regole stringenti sull'agroalimentare Usa non esente da fitofarmaci e antibiotici. Tutto resta in stand by, con l'handicap di una Commissione malvista da Washington, a cui le cancellerie hanno per ora affidato la trattativa. E un ricorso al Wto.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica