L'allarme sale col passare delle ore che scandiscono i tentativi di fuga disperata dei civili afghani, e rimbalza ai piani alti dell'Ue: «L'instabilità in Afghanistan porterà probabilmente ad un'accresciuta pressione migratoria, ci stiamo preparando quindi per tutti gli scenari». La commissaria agli Affari interni, Ylva Johansson, durante la riunione dei ministri dell'Interno dell'Ue parla di emergenza, ma non di soluzioni definite: «Non si deve aspettare che le persone arrivino alle frontiere esterne dell'Ue: non è questa la soluzione. Dovremmo impedire alle gente di dirigersi verso l'Ue attraverso rotte non sicure, irregolari e incontrollate gestite dai trafficanti». Impedire dunque che la Turchia - che ospita già 4 milioni di siriani e che ha quasi terminato il muro antiprofughi al confine con l'Iran - diventi il Paese di transito verso le isole greche e verso la rotta balcanica che attraverso Bosnia, Croazia e Slovenia arriva In Italia, a Trieste. «Importante sarà lavorare con i Paesi vicini», dice la commissaria, che chiede agli Stati membri di «intensificare il loro impegno». I Paesi interessati dai potenziali flussi di fuga sono divisi. La Croazia si blinda: «Faremo di tutto per proteggere i confini ed evitare un'ondata più grande di rifugiati che destabilizzerebbe la situazione in Europa». La Grecia fa sapere di essere pronta «sia sui confini terrestri che marittimi, per prevenire ingressi illegali nel Paese» di migranti afghani. La situazione a Lesbo è già al collasso. La Germania teme una nuova ondata come quella del 2015, e la linea è aiutare gli Stati vicini a Kabul: «L'Unhcr può contare sulla Germania». Il Regno Unito invece ha già annunciato che accoglierà a lungo termine 20mila profughi afgani, 5mila da quest'anno: «Abbiamo un debito di gratitudine con quelli che hanno lavorato con noi negli ultimi 20 anni», dice Boris Johnson. L'Austria ricorda che ospita già 44mila rifugiati afghani, e di compiere ulteriori sforzi non ne vuole sapere.
In serata il premier britannico ha avuto un colloquio telefonico con Mario Draghi, sulle possibili iniziative per «evitare una tragedia umanitaria e contribuire alla stabilità» della regione.
Sull'accoglienza dei profughi però le forze politiche italiane sono divise. La dimensione dell'ondata in fuga dal proclamato Emirato islamico rischia essere imprevedibile.
«Corridoi umanitari per donne e bambini in pericolo certamente sì. Porte aperte per migliaia di uomini, fra cui potenziali terroristi, assolutamente no - ha ribadito Matteo Salvini -. Domattina (oggi, ndr) avrò un colloquio telefonico con l'ambasciatore del Pakistan. Poi sentirò quello russo, turco e cinese. Non vedo perché se c'è un Paese da ricostruire dobbiamo lasciare alle imprese turche, russe e cinesi campo libero». Pierferdinando Casini auspica che l'accoglienza «non sia l'ennesima occasione per far polemica tra i partiti. Accettare che arrivino dall'Afghanistan le persone che hanno collaborato è un imperativo morale. Va fatto con generosità e non con il bilancino. Riconoscere il regime dei talebani? Non esiste». La leader di Fratelli d'Italia Giorgia Meloni avverte che «far credere loro che la soluzione sia portarli tutti in Occidente è una cinica presa in giro. La prima cosa da fare è sostenere gli Stati confinanti per aiutarli ad accogliere i profughi». Da Regioni e città arrivano aperture bipartisan, dal governatore dell'Emilia Romagna Stefano Bonaccini all'assessore leghista in Piemonte Fabrizio Ricca, il quale precisa: «Apriamo le porte a chi fugge dall'integralismo islamico ma chiudiamole a chi arriva in massa senza motivazioni umanitarie». Distinguo che rischiano di cadere di fronte ai potenziali numeri che potrebbero premere ai confini. Il Pd chiede di farsi «trovare pronti e uniti.
Si prepari da subito una accoglienza diffusa su tutto il territorio nazionale». Forza Italia vuole sapere come, e chiama in Parlamento il ministro dell'Interno Luciana Lamorgese: «È necessario che riferisca il prima possibile sulle azioni che l'esecutivo intende mettere in campo».
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