"Stupro di gruppo". Ciro Grillo e amici condannati a 8 anni. Nessuno era in aula

Stessa pena per Capitta e Lauria, 6 anni e 6 mesi a Corsiglia. Assente la vittima

"Stupro di gruppo". Ciro Grillo e amici condannati a 8 anni. Nessuno era in aula
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Non era lucida, non era consenziente. Quando S., studentessa milanese, venne passata da uno all'altro tra i quattro giovanotti nella villa di Beppe Grillo in Costa Smeralda, era solo una bambola imbottita di alcol, incapace di opporsi. Quindi non fu una allegra notte di sesso; fu uno stupro di gruppo. Questo dice la sentenza che ieri sera chiude - almeno in primo grado - l'interminabile processo a Ciro, figlio di Beppe, e ai suoi amici Edoardo Capitta, Vittorio Lauria e Francesco Corsiglia. Grillo, Capitta e Lauria vengono condannati a otto anni di carcere, Corsiglia a sei anni e mezzo. E dal dispositivo della sentenza si capisce abbastanza bene quale ricostruzione di quella notte sia stata ritenuta attendibile dai giudici.

La notte 17 luglio 2019, stabiliscono i giudici, le prime due violenze vengono commesse dal solo Corsiglia, mentre gli altri tre assistono, e infatti vengono condannati solo per concorso morale. Poi Corsiglia esce di scena, e dopo qualche ora riparte l'incubo. S. viene svegliata da Grillo, Lauria e Capitta che la stuprano a turno: di questo episodio la ragazza ha ricordi confusi, dice di avere avuto la percezione che i giovani fossero tutti e quattro presenti, ma non è sufficiente a condannare anche Corsiglia che per questo capo di imputazione viene assolto, anche perché nel video registrato e acquisito agli atti non appare mai. Come viene assolto dall'altra accusa per cui i suoi amici vengono ritenuti colpevoli, la violenza rifilata a R., la seconda ragazza, che è su un letto addormentata, e le vengono messi i genitali in faccia: anche questo viene documentato dagli smartphone del terzetto.

Sono condanne severe, di poco inferiori ai nove anni di carcere che il procuratore Gregorio Capasso aveva chiesto per tutti e quattro gli imputati. Ma sarebbero state anche più gravi se tutto fosse successo pochi giorni dopo, quando è entrata in vigore la legge che alza le pene minime per lo stupro di gruppo. Di fatto, la condanna di Corsiglia è appena sopra al minimo previsto nel luglio 2019, e quelle dei suoi amici non molto al di sopra: anche perché ai tre vengono concesse le attenuanti generiche.

I motivi di questa concessione - verosimilmente connessa alla giovane età - si comprenderanno al momento del deposito delle motivazioni della sentenza. E dalle motivazioni si capirà soprattutto in che modo il tribunale, presieduto dal giudice Marco Contu, abbia sciolto il dilemma centrale del processo, comune a molti altri processi simili ma meno eclatanti: la credibilità della vittima, che spesso è l'unica testimone, e la valutazione del suo stato al momento dei rapporti sessuali, la "validità del consenso". Per tre anni, tanto è durato il processo, tutto è ruotato intorno a questi due assi centrali. Con S. che ha ribadito la sua versione, il racconto di una serata a tasso alcolico estremo, iniziata già insieme alla sua amica R. in un locale della Costa, proseguita con l'incontro con i quattro ragazzi genovesi, altro alcol, l'invito in villa, altro alcol, e culminata con lo stupro. Questo racconto per arrivare a convincere i giudici ha dovuto superare lo scoglio più arduo affrontato da S., l'interminabile, pressante controinterrogatorio cui è stata sottoposta in aula dai difensori dei quattro imputati: un passaggio doveroso ma di cui Giulia Bongiorno, legale della ragazza, ha contestato le modalità, "ho contato 1.675 domande, non ho mai visto niente del genere". Al termine, i legali dei quattro si erano detti convinti di avere reso evidenti una mole di contraddizioni sufficienti a minare la credibilità di S., sia sulle ore della presunta violenza sia sullo stato in cui si sarebbe trovata nei giorni successivi. Prostrata e sotto choc, dice lei. Spensierata come se nulla fosse successo, dicevano i legali.

Alcune contraddizioni, oggettivamente, c'erano: ma secondo i giudici erano irrilevanti.

Così arriva la condanna, alle sei e mezza di sera, in un'aula dove né le vittime né gli imputati hanno avuto la forza di presentarsi. S. viene avvisata del verdetto dalla Bongiorno, e scoppia in lacrime di gioia. Gli ex ragazzi, oggi giovani adulti, fanno sapere: siamo delusi, siamo innocenti. E faremo appello.

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