Come su Jobs Act, immigrati e Mattarella, il leader Ncd prima fa il duro e poi si adegua

RomaÈ Matteo che comanda, è Matteo che detta la linea. I sussulti nella vita politica di Alfano prima o poi rientrano. D'altronde la leadership di Renzi è capace di smorzare ogni (eroica) velleità. Magari si litiga, si stacca il cellulare, si minaccia la crisi di governo. Poi però, come due amorosi, si fa la pace e si rientra nei ranghi. La storia si ripete e dopo la retromarcia sulle impronte ai clandestini, sulle nozze gay, sui vu cumprà, sul Jobs Act e sull'elezione del presidente della Repubblica (il «Mattarella mai!») il leader di Ncd replica e annuncia di aver risolto gli strappi sulla prescrizione. Renzi dice ad Alfano di darsi pace e di non fare sgambetti. E lui si adegua: «Ho parlato ora col ministro Boschi, siamo vicinissimi a un accordo, troveremo presto la quadra». Per Grasso è la tela di Penelope, per il nostro ministro dell'Interno è tutto a posto, tutto in ordine. C'erano dubbi a riguardo? Anche la Boschi può rilassarsi e annunciare che «la maggioranza ha già individuato un'ipotesi di accordo». Un patto indigesto a Forza Italia, Stefania Prestigiacomo attacca il ministro dell'Interno. «C'era da aspettarselo, se vogliamo consegnare la giustizia italiana al fallimento totale la ricetta del governo Renzi sulla prescrizione è quella perfetta, vai così».

Tutto è iniziato mercoledì appunto, con l'estensione dei tempi per la prescrizione per i reati di corruzione, prevista da una modifica al testo della riforma. Area popolare si mette di traverso, votando contro. Di qui la spaccatura nella maggioranza a Montecitorio. Ed eccoci ad Alfano per il quale «è naturale che in prima lettura, in commissione, possano esserci posizioni diverse su alcuni aspetti». Tranchant, peraltro, Rodolfo Sabelli. Il presidente dell'Associazione nazionale magistrati manda a dire che la norma «andrebbe riscritta da capo senza limitarsi a una romanissima “romanella”».

Oggetto del contendere, è anzitutto l'allungamento dei tempi di prescrizione per i reati più gravi di corruzione: alla Camera, infatti, in commissione Giustizia, si è appena approvato un emendamento voluto dal governo in cui si aumentano, da un quarto alla metà oltre la pena massima edittale, i tempi nei quali il reato è prescritto. Ma le ragioni della collera alfaniana vanno oltre l'emendamento, coinvolgono anche i lavori del Senato, dove si esamina il ddl anticorruzione (che contiene anche la riforma del falso in bilancio, altro motivo di malumori): a Palazzo Madama, infatti, la commissione Giustizia, ha appena stabilito per quel reato un aumento della pena edittale, che passa da otto a dieci anni. Nel combinato disposto dei due provvedimenti, comprese le altre norme di riforma della prescrizione nel suo complesso, va a finire che i tempi per cui un reato di corruzione è prescritto raddoppierebbero (da 10 a 18 anni). Si tratta di un complessivo giro di vite giudicato eccessivo, e in verità non solo dai centristi.

Ma l'accordo è dietro l'angolo. Oltre le facce feroci, fa già capolino il compromesso. Che spiega sia l'ottimismo con cui la ministra Boschi dice, in pieno marasma, che «l'accordo è molto vicino», sia la frase sibillina del viceministro alla Giustizia dell'Ncd Enrico Costa («il testo sarà un altro»). Ancora un mese di pazienza.

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