Suicida per foto osè sui social: ecco chi la tradì

Il pm: «Un uomo e una donna conosciuti in chat hanno carpito la buona fede della vittima»

Non solo adolescenti «ingenue e inesperti», ma anche madri di famiglia che, almeno in teoria, dovrebbero avere la maturità per capire i rischi enormi che si corrono nell'inviare foto osè a persone conosciute in chat. Eppure anche loro ci cascano. Con conseguenze che, come nel caso di una donna del Trevigiano (moglie e mamma di due figli), hanno raggiunto l'esito più drammatico: il suicidio.

Ma ora i colpevoli di quella tragedia saranno chiamati a pagare il conto con la giustizia.

Morte come conseguenza di altro reato, tentata estorsione, diffamazione aggravata e sostituzione di persona: sono queste infatti le accuse contestate a vario titolo dalla Procura di Treviso che ha chiuso le indagini nei confronti di un 35enne napoletano e della sua compagna che a breve si avvieranno verso il processo per una vicenda tanto delicata quanto tragica.

Secondo gli inquirenti le loro condotte sarebbero in qualche modo responsabili del suicidio della donna che il 3 gennaio 2015 aveva deciso di togliersi la vita impiccandosi nel bagno della sua abitazione.

La sua «colpa»? Essersi fidata di un uomo conosciuto sul web. Un amico virtuale, forse qualcosa di più. A quell'uomo la vittima aveva spedito delle foto intime. Scatti senza veli. E lui, lo sconosciuto, altro non ha fatto che la cosa più squallida: quelle foto le ha prese e le ha diffuse in rete. Ovviamente senza il consenso della donna.

Quando le foto hanno cominciato a circolare è stata una tragedia: la vergogna da una parte, la bagarre in casa e la crisi coniugale dall'altra. Troppo. La donna si è uccisa. Ha scritto un bigliettino scusandosi e dicendo che non ce la faceva più. Ha atteso un momento tranquillo ed è entrata in bagno con una corda. Si è impiccata. Tutto accaduto a inizio del 2015.

«Non posso sopportarlo. La faccio finita». Così la donna si è tolta la vita impiccandosi nel bagno di casa. Sulla tragedia, che risale all'inizio del 2015, stanno indagando i carabinieri di Castelfranco e la Procura di Treviso. Il movente? Sarebbe stata la vergogna a spingere la donna al suicidio dopo essere caduta in una trappola: sul web erano finite le sue foto senza veli.

Affascinata dal web, la donna si è fidata di un «amico virtuale» e gli ha spedito qualche foto in abiti succinti. Poi l'incubo.

Le immagini sono finite sui social ed è scoppiata la bufera in famiglia. La donna, divorata dai sensi di colpa, si è uccisa per questo motivo. E chissà quanti altri suicidi di donne nascondono una realtà di questo tipo. Che fa sempre più paura.

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