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Sulle grandi opere del Pnrr rischio rincari fino al 20%

L'allarme lanciato dal porto di Trieste. Colpa del caro energia, fuori controllo anche acciaio e alluminio

Sulle grandi opere del Pnrr rischio rincari fino al 20%

Magari non è necessario riscrivere il Pnrr da capo, ma alla luce dell'ondata di rincari non può essere considerata un'eresia l'idea di rimodularlo adattandolo al nuovo contesto. Da luglio del 2020, quando furono assegnati i fondi del Next Generation Eu, il prezzo del gas naturale è cresciuto di oltre dieci volte (da 15 ai 156 euro al megawattora di ieri), il rame costa quasi il 25% in più, l'alluminio è del 34,7% più caro e del tondino d'acciaio di oltre il 60%. Sono solo alcuni dei rincari, secondo il sito investing.com, che hanno subito diverse materie prime largamente utilizzate nel mondo industriale e delle costruzioni che saranno di certo usate per realizzare le opere previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). L'Italia ha a disposizione 191,5 miliardi tra prestiti e soldi a fondo perduto, soldi a cui il governo ha affiancato 30,5 miliardi per un totale di 222,1 miliardi di euro. Una cifra significativa, ma che nel tempo è stata erosa dall'inflazione, che in Italia ha raggiunto a settembre l'8,9% (un dato che non si vedeva da decenni e diverso dal -0,1% registrato nel 2020). Nel frattempo, a febbraio 2022, è arrivata anche l'invasione dell'Ucraina da parte della Russia con effetti rovinosi non solo sul già citato gas. Il barile di petrolio ultimamente ha ripiegato, ma i costi per chi fa benzina (e trasporta i materiali) restano alti. Con il dato aggiornato a giovedì, rifornirsi a una pompa self service costa 1,74 euro al litro se si parla di diesel e 1,64 se si parla di benzina. Il tutto però al netto del taglio delle accise stabilito dal governo di 30 centesimi al litro, altrimenti i prezzi sarebbero intorno ai 2 euro. Per avere un'idea a livello globale dell'entità dei rincari energetici, si può citare il Global price of Energy index del Fondo monetario internazionale, che a partire dal luglio 2020 evidenzia rincari dell'energia a livello mondiale di oltre quattro volte.

E se i venti di recessione stanno dando una mano a raffreddare i prezzi di alcune materie prime, gli esorbitanti costi energetici rischiano di bloccare i cantieri. «A causa della crisi energetica ci saranno degli aumenti importanti dei costi che stiamo già discutendo con Roma», ha detto ieri Zeno D'Agostino, presidente dell'Autorità portuale di Trieste: il porto del capoluogo giuliano, infatti, sarà oggetto degli investimenti del Pnrr. «Noi siamo uno dei 10 grandi progetti importanti a livello nazionale, dovremo sicuramente utilizzare quei fondi perché già i primi progetti che stanno arrivando a concretizzazione che sono quelli sul cold ironing (l'elettrificazione dei porti, ndr) vedono un aumento medio del 15-20% dei costi».

Si registra anche una certa difficoltà degli enti locali: «L'impennata dei prezzi di fatto sta bloccando tutti i cantieri, non solo quelli delle opere del Pnrr», ha detto Roberto Occhiuto, presidente della Regione Calabria.

Il governo Draghi è intervenuto sugli extracosti con il Decreto Aiuti, ma non basterà. «In Italia abbiamo avuto anche l'effetto del Superbonus del 110% che ha creato più inflazione e reso difficile trovare un ponteggio», osserva Antonio Tognoli, responsabile macro analisi di Cfo Sim. «Credo sarebbe saggio partire con il piano e poi vedere se fare modifiche non sostanziali». Eventualità, quest'ultima, prevista dal regolamento del Next Gen che permette ai Paesi membri di modificare o riscrivere i loro piani in presenza di «circostanze oggettive».

Tenendo presente che l'Italia non può permettersi di perdere queste risorse, che valgono un +3,6% del Pil al 2026.

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