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Dal summit Fao alle relazioni coi leader africani. La tela di Meloni rilancia l'Italia

Pranzo di lavoro ieri a Roma della premier Giorgia Meloni con i leader del Corno d'Africa, conferenza del giorno prima su immigrazione e sviluppo

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Pranzo di lavoro ieri a Roma della premier Giorgia Meloni con i leader del Corno d'Africa, conferenza del giorno prima su immigrazione e sviluppo, primo passo del piano Mattei, apertura del summit Onu sulla sicurezza alimentare nella capitale e in settimana faccia a faccia alla Casa Bianca con il presidente americano Joe Biden.

Roma tornerà caput mundi? Sicuramente non con la forza delle legioni, ma grazie ad un attivismo diplomatico del governo italiano, che ha preso in contropiede molte cancellerie abituate per troppo tempo all'Italietta o all'usato sicuro di Mario Draghi. E deluso i rosiconi di sinistra che puntavano tutto su Giorgia nuova ducetta, magari fra le braccia di Putin, facile da rinchiudere in un angolo come paria internazionale.

Al contrario la mobilitazione geopolitica di Meloni, in coppia con Antonio Tajani, vicepremier e ministro degli Esteri, stanno rilanciando l'Italia a livello internazionale. E soprattutto nelle aree come il Mediterraneo allargato oppure i Balcani occidentali, che riflettono i nostri interessi nazionali. Il tandem Meloni-Tajani si è visto all'opera anche nel disinnescare dossier minori, ma politicamente spinosi, come il caso Zaki, grazie ad un rinnovato rapporto con l'Egitto.

«Sono particolarmente orgogliosa del fatto che questo vertice si svolga a Roma, che diventerà la capitale della sicurezza alimentare internazionale» ha dichiarato la presidente del Consiglio aprendo il summit dell'Onu che punta a sconfiggere la fame. Una fonte governativa spiega che «l'Italia vuole diventare autorevole nei fatti senza auto incensarsi» come fanno spesso i francesi della Grandeur che si credono primi della classe ed i tedeschi della Germania panzer non solo economico.

Meloni partiva da zero con l'handicap della campagna mediatica e politica che la dipingeva come una borgatara armata di olio di ricino. Uno stereotipo ridicolo, ma qualche detrattore si aspettava pure che parlasse in romanesco nei consessi internazionali e non in ottimo inglese, come ha dimostrato, oltre a francese e spagnolo.

Lo schieramento, senza se e senza ma, contro l'invasione russa dell'Ucraina ha cancellato gli stereotipi e fatto arricciare il naso a certe frange dei suoi sostenitori che non amano gli americani. Meloni e Tajani non hanno mai avuto dubbi sulla linea atlantista, che è servita ad incassare credibilità e mano libera sul Mediterraneo allargato. Giovedì alla Casa Bianca la premier parlerà dell'Ucraina, di uscita italiana dalla trappola cinese della via della Seta, ma pure di Nord Africa a cominciare dalla Tunisia che ha bisogno dei quasi 2 miliardi di dollari del Fondo monetario. «A Washington non si va a baciare la pantofola come un tempo e sarà Meloni a guidare il discorso sul Nord Africa» spiega una fonte del Giornale.

I grandi eventi come il summit sulla sicurezza alimentare di questi giorni servono anche a piccoli ma significativi passi avanti, come l'arrivo a Roma del premier libico Abdul Hamid al-Dbeibeh con un volo diretto da Tripoli in vista dell'apertura della rotta in autunno dopo anni.

Tajani è una sicurezza per Bruxelles e Meloni ha conquistato la presidente della Commissione europea Ursula von per Leyen in vista del giro di boa elettorale del prossimo anno. La pietra angolare della politica estera italiana, il piano Mattei, verrà annunciato nei dettagli dei progetti al summit Italia-Africa che si terrà in novembre a Roma.

La nuova stagione diplomatica italiana punta anche ai grandi appuntamenti come il G20 in India, dove Meloni, abile a stringere rapporti personali, pensa al premier Narendra Modi come possibile paciere del conflitto in Ucraina. «Sta facendo centro l'approccio italiano al Sud del mondo - spiega la fonte - Non è terzomondismo, ma neanche paternalista o predatorio. L'interesse nazionale, per esempio sui migranti, si coniuga con l'interesse locale».

La vera sfida internazionale per l'Italia si giocherà il prossimo anno, politicamente con le elezioni europee e a livello strategico e d'immagine grazie alla presidenza del G7, che verrà ospitato in Puglia, sulla strada geopolitica intrapresa da Roma caput mundi.

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