
«Di fronte a una minaccia nucleare, non può esservi alcuna ambiguità. L'Iran non può dotarsi della bomba atomica. E secondo le informazioni dell'intelligence israeliana Teheran avrebbe potuto avere dieci bombe atomiche e duemila missili balistici entro sei mesi». Il ministro degli Esteri Antonio Tajani parla davanti alle commissioni Esteri di Camera e Senato, riunite di sabato mattina per un'audizione-informativa sugli sviluppi della crisi in Medio Oriente. Il titolare della Farnesina conferma che la linea del governo italiano è di pieno sostegno a Tel Aviv, come per altro hanno fatto anche i principali partner europei. Dal francese Emmanuel Macron al tedesco Friedrich Merz, passando per il britannico Keir Starmer.
La priorità, è il senso del suo intervento, è il diritto di Israele a difendersi. «A garantire la propria sopravvivenza tutelandosi da un possibile attacco nucleare», dice Tajani. Il ministro degli Esteri riferisce di aver parlato direttamente con il presidente israeliano Isaac Herzog e con il suo omologo Gideon Sa'ar. Ed è stato quest'ultimo, spiega, a riferirgli che l'operazione «Rising Lion» è scattata perché il Mossad era in possesso di notizie di intelligence «tali da configurare una minaccia esistenziale per Israele, per la regione e per la comunità internazionale».
D'altra parte, che l'Iran non dichiari alcuni siti dove avvengono le attività di arricchimento dell'uranio è questione che ha messo nero su bianco anche l'Onu, tanto che alcuni giorni fa, per la prima volta in venti anni, l'Aiea - l'agenzia competente sull'energia atomica - ha approvato una risoluzione contro Teheran. Non a caso, anche nella prima nota diffusa da Palazzo Chigi dopo la riunione d'emergenza tenuta venerdì scorso da Giorgia Meloni con i due vicepremier, alcuni ministri e i vertici dei servizi, si sottolineava la «preoccupazione» per «le violazioni del Trattato di non proliferazione nucleare» da parte dell'Iran. Un punto su cui torna Tajani e che, spiega il ministro degli Esteri, conferma che Israele ha deciso di attaccare perché si è trovata davanti a «un quadro assolutamente allarmante, ribadito in maniera inequivocabile dal recente rapporto dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica».
Il governo italiano, aggiunge poi il titolare della Farnesina che smentisce «discrepanze» con il ministro della Difesa Guido Crosetto, continua ad avere come obiettivo prioritaria la soluzione diplomatica: è «in prima linea per favorire la de-escalation» e «sostiene i negoziati Usa-Iran per un accordo sul programma nucleare iraniano».
Un auspicio che non è affatto scontato si realizzi a breve. Per avere un quadro più chiaro, infatti, si dovranno attendere le prossime 48 ore. Con il G7 che si apre oggi a Kananaskis (Canada) che parte con pessimi presupposti. Come già accaduto sette anni fa nel summit dei Sette grandi che si tenne in Quebec, Donald Trump sembra infatti intenzionato a farlo fallire. Di sicuro non ci sarà una dichiarazione finale congiunta, perché le distanze tra Stati Uniti e resto del mondo sono risultate incolmabili soprattutto per l'estrema rigidità americana. Al punto che al di là dei dazi, anche su Ucraina e Medio Oriente non è stato possibile trovare una posizione comune neanche su considerazioni generiche. L'attacco di Israele all'Iran ha ovviamente stravolto l'agenda dei lavori.
E in Canada i fari saranno puntati proprio su Trump, a cui guarda anche Meloni (atterrata all'aeroporto di Calgary questa notte) nella speranza che gli sforzi diplomatici in corso possano portare a un cessate il fuoco. Ora più che mai - è la posizione che il governo italiano porterà al summit sulle montagne di Kananaskis - è il momento di fermarsi, di negoziare e di lasciare che sia la diplomazia a parlare, non le armi.