
Il Giornale è contrario alla censura ideologica e difende la libertà dell'arte e degli artisti, anche quando provengono da Paesi con governi autoritari. Peter Gelb, sovrintendente del Metropolitan Opera di New York, contesta il fatto che Valery Gergiev il 27 luglio diriga un concerto alla Reggia di Caserta. Da decenni Gergiev è il direttore d'orchestra più rappresentativo della Russia, guida i teatri di San Pietroburgo e di Mosca, istituzioni statali legate al Cremlino. Da qui l'equazione: Gergiev fuori dall'Occidente. Ma è proprio l'Italia, nel nome di un'arte che non si censura, a offrirgli l'occasione di tornare sul podio, dopo un esilio iniziato nel 2022.
Lei sostiene che Gergiev non dovrebbe dirigere in Italia. Perché?
"Lo conosco da 40 anni, ma negli ultimi venti è cambiato radicalmente: oggi è più un politico che un direttore d'orchestra".
In che senso?
"Ha diretto concerti per celebrare le vittorie russe, dalla Georgia alla Siria. Fa parte del regime. Invitarlo è contraddittorio o ingenuo".
Non è forse il segno di un artista libero il fatto che diriga in un Paese pro-Ucraina?
"No, è un politico che usa l'arte come strumento al servizio di Putin".
Ne riconosce almeno la grandezza d'artista?
"Talento incredibile. È tra i maggiori direttori al mondo senza dubbi".
Lei e altri colleghi avete chiesto agli artisti russi di schierarsi contro il proprio Paese. Non avete pensato ai rischi in patria? Non esula dall'arte?
"Molti hanno lasciato la Russia. Non dico che tutti debbano farlo, però".
I teatri e le sale da concerto sono istituzioni artistiche o politiche?
"Oggi la democrazia è sotto attacco. E i teatri, a partire dal Met, devono difendere la libertà dell'arte, che è politica in senso ampio. Se politica significa democrazia, allora sì, siamo politici. Ma dalla parte giusta".
Se la Cina intervenisse contro Taiwan, e supponendo che Taiwan sia la "parte giusta", il Met rifiuterebbe artisti cinesi?
"Ci sono conflitti complessi, come Gaza, dove entrambe le parti possono rivendicare ragioni. Ma nel caso di Russia e Ucraina, la situazione è chiara: la prima ha aggredito la seconda per il solo desiderio di Putin di restaurare la gloria dell'Unione Sovietica".
Non ha risposto. Perché non chiede a tutti gli artisti di Paesi non democratici una presa di posizione?
"Io non mi aspetto che lo facciano".
Però dai russi sì.
"Non chiedo di fare dichiarazioni, né di prendere posizione contro Putin. Semplicemente non ingaggio chi si è espresso a favore del regime".
Ha estromesso Anna Netrebko. Priva il pubblico del Met di una voce così.
"Era la nostra stella più luminosa. Ha rifiutato di prendere le distanze da Putin, con cui aveva rapporti stretti".
Ma poi si è dissociata.
"Non credo fosse sincera".
Anche Ildar Abdrazakov, fuori. È il Sinner dei bassi. Un'altra perdita per il pubblico.
"È stato lui a scegliere di non tornare. Conosceva la nostra posizione".
E su Gaza?
"In questo momento non vi sono artisti di quelle aree che lavorano al Met. La situazione è complessa da entrambe le parti".
La sappiamo preoccupato per le politiche di Trump. Si considera "anti-Trump"?
"No, ma sono contrario all'impatto negativo che alcune sue politiche stanno avendo sulla vita americana, e anche sul Met. A NY il turismo è calato, quindi anche il nostro pubblico".
Ha dichiarato che l'America non difende più i principi democratici. Ha pensato di dimettersi per marcare la sua posizione?
"Non lavoro per Trump. Il Met è indipendente dal governo".