Tangenti, Samsung nel caos Arrestato il vice presidente

Lee Jae-yong, l'erede alla guida, in cella per le mazzette E la presidente sudcoreana è a rischio di impeachment

Osvaldo Spadaro

Il proverbio è cinese, ma a quanto pare si usa anche Corea del Sud. «Siediti lungo la riva del fiume e aspetta, prima o poi vedrai passare il cadavere del tuo nemico». In queste settimane devono esserselo ripetuto come un mantra anche i membri del team investigativo che da mesi lavora sul caso di corruzione che sta scuotendo i vertici politici ed economi del Paese asiatico: era solo una questione di tempo. Il 19 gennaio scorso la Corte centrale di Seoul aveva rigettato la richiesta di carcerazione per Lee Jae-yong, vice presidente del colosso sudcoreano Samsung ed erede in pectore dell'impero dell'elettronica. Gli inquirenti non erano riusciti a convincere i giudici che avevano richiesto un supplemento di indagini. Ieri, alle 5.37 del mattino, il giudice Han Jung-seok della Corte centrale di Seul ha accettato la richiesta: «Considerando le nuove prove ed evidenze, l'arresto è una misura necessaria». Gli inquirenti pensano che in libertà Lee Jae-yong possa inquinare o distruggere alcune prove.

L'accusa è di aver corrotto con circa 35 milioni di euro Choi Soon-sil, amica e confidente della discussa presidentessa coreana Park Geun-hye. La storia risale al 2015: i soldi sarebbe serviti per avere il via libera dei fondi pensione pubblici a un'operazione di riordino del gruppo Samsung, fondamentale per il trasferimento dei poteri dal padre Lee Kun-hee. Non solo, alla corruzione si aggiunge la falsa testimonianza e spergiuro: a dicembre davanti a commissione d'inchiesta parlamentare aveva negato ogni addebito. Secondo la legge coreana i pubblici ministeri lo possono detenere fino a un massimo di 20 giorni prima di incriminarlo formalmente.

In 79 anni di storia Lee Jae-yong è il primo presidente della Samsung a venir arrestato. Nel 2008 il padre e attuale presidente, Lee Kun-hee, era stato al centro di un grande scandalo di corruzione legato alla gestione di alcuni fondi neri, ma l'onta della galera gli era stata evitata. All'epoca Lee Kun-hee venne allontanato dalla direzione dell'azienda per un paio d'anni, ma poi era tornato in sella. Il suo arresto è considerato un ulteriore passo verso la definitiva incriminazione della presidente Park Geun-hye, al centro di uno scandalo enorme riguardo le influenze della sua amica Choi Soon-sil e da dicembre sospesa dal suo incarico, dopo che il Parlamento a grande maggioranza ha votato per il suo impeachment. Nelle scorse settimane la difesa della presidente aveva cercato di usare a proprio favore la mancata carcerazione di Lee Jae-yong. Il ragionamento era semplice: se il vice presidente di Samsung non è colpevole di corruzione, allora la presidente non è stata corrotta. Ma con Lee Jae-yong in prigione la debole difesa salta e la resa dei conti si avvicina. La Corte Costituzionale che deve decidere dell'impeachment ha in calendario per il 24 febbraio un'ulteriore udienza per la presidente. Mentre i giornali iniziano a speculare sulla probabile data delle elezioni presidenziali, che potrebbero tenersi un mercoledì come da tradizione tra fine aprile e inizio maggio.

L'arresto era comunque nell'aria, al punto che alla Borsa di Seul il titolo Samsung ha fatto registrare perdite contenute, nell'ordine dell'1%. Secondo gli osservatori la vicenda non dovrebbe aver ripercussioni nel breve sulla gestione dell'azienda, ma in prospettiva potrebbe essere un problema enorme per l'intera economia coreana e la sua credibilità internazionale. Samsung da sola vale l'11% della produzione industriale coreane e paga l'8% delle tasse del Paese.

Non solo, con 250mila dipendenti diretti e un indotto di 5 milioni di lavoratori, Samsung anche è il più grande datore di lavoro del Paese, vale il 17% del Pil e copre il 20% delle esportazioni. Non resta che sedersi sulla riva del fiume e aspettare.

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