Cronaca nera

"Temo per la vita di Giulia". La denuncia a vuoto del papà

Domenica 12: "È con Filippo". Ma fu ritenuto un allontanamento volontario. Turetta e lo scotch preso online poco prima del delitto

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Arriverà oggi a Venezia poco dopo mezzogiorno Filippo Turetta. Scortato e in regime di massima sicurezza, l'assassino dell'ex Giulia Cecchettin metterà di nuovo piede in Italia proprio mentre in tutto il Paese manifestazioni, sit-in e iniziative di protesta animeranno la giornata internazionale contro la violenza nei confronti delle donne.

Per evitare che possa provare a togliersi la vita o compiere atti autolesionistici, il 22enne non andrà nella casa circondariale di Santa Maria Maggiore ma nel carcere Montorio di Verona, dove il ragazzo sarà sorvegliato a vista nel reparto protetti. L'interrogatorio, invece, non si terrà prima dell'inizio della prossima settimana, anche perché la difesa ha diritto ad accedere agli atti che non sono ancora stati notificati e ad avere il tempo necessario per studiarli. Restano ancora appese a un filo le accuse aggravanti di premeditazione e occultamento di cadavere. Al momento nessuna integrazione all'accusa di omicidio volontario aggravato dalla relazione affettiva è arrivata al gip, ma i pm potrebbero aspettare l'interrogatorio. Nell'ordinanza di custodia cautelare in carcere che ha portato al mandato d'arresto europeo emessa dal gip di Venezia Benedetta Vitolo emergono diversi elementi che fanno pensare che Turetta avesse pianificato tutto: a partire dall'acquisto di quel nastro adesivo col quale ha tappato la bocca alla ragazza, dall'utilizzo di più coltelli che il killer aveva portato con sé e al presunto sopralluogo a Fossò prima di incontrare l'ex. Tra le 48 e le 72 ore prima del femminicidio Turetta avrebbe infatti acquistato online del nastro adesivo compatibile con quel pezzo di scotch che è stato ritrovato nella zona industriale di Fossò, dove Giulia venne aggredita per la seconda e ultima volta. Si tratta di un elemento l'ennesimo fondamentale per appurare l'aggravante che significherebbe ergastolo, la pena massima prevista.

Ma la ricostruzione delle ore precedenti e successive alle aggressioni e all'assassinio di Giulia arriva ora a svelare anche il modo e i tempi della macchina dei soccorsi. Ed emerge che la denuncia di scomparsa che Gino Cecchettin presenta ai carabinieri alle 13.30 di domenica 12 novembre viene rubricata dai militari della stazione di Vigonovo come «allontanamento volontario», mentre Giulia viene indicata come «persona non in pericolo di vita». Eppure agli inquirenti papà Gino aveva detto testualmente: «Temo per l'incolumità di mia figlia Giulia». Erano ore concitate, durante le quali davanti alle telecamere il papà si rivolgeva ad entrambi i ragazzi come se fossero fuggiti insieme -, ma in cuor suo sapeva la verità. «Mi comunica sempre ogni suo spostamento», aveva aggiunto ai carabinieri. «Mia figlia Elena mi ha raccontato che Turetta non aveva mai perso la speranza di tornare assieme a Giulia, pertanto a volte era insistente e possessivo al punto che lei aveva deciso di troncare definitivamente - scrive Gino nella denuncia tuttavia Giulia aveva continuato a frequentarlo perché lui era depresso ed era preoccupata per qualche suo gesto inconsulto».

Da chiarire c'è poi la mancata mobilitazione dei carabinieri di Vigonovo dopo la chiamata al 112 per segnalare la prima aggressione.

Al momento, però, non vi è alcuna indagine in corso della Procura per accertare un possibile reato di omissione di soccorso da parte degli operatori.

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