
Renato Schifani, presidente della Regione Sicilia, la questione del terzo mandato è tornata di stretta attualità con l'inattesa apertura di Fratelli d'Italia. Lei come la pensa e quale posizione assumerà nella Conferenza delle Regioni?
«Il tema non è da conferenza delle regioni, dove possono prevalere interessi e posizioni personali, ma squisitamente politico, e merita una ampia riflessione alla quale il mio partito si è dichiarato pronto, ma con rigore e senso di responsabilità».
Pensa che dalla Conferenza delle Regioni arriverà un pronunciamento unanime?
«Dubito che dalla conferenza delle regioni possa emergere un pronunciamento unanime, ma come ho affermato, non possono essere i presidenti di regione a condizionare una scelta strutturale del nostro sistema istituzionale, perché legati da potenziale conflitto di interessi».
Non pensa che dare continuità a una esperienza di governo locale possa rappresentare un valore aggiunto per il territorio? Quale controindicazioni individua?
«Sicuramente la continuità della buona amministrazione costituisce un principio irrinunciabile e di buon senso, ma esso deve bilanciarsi con l'esigenza di evitare concentrazioni di potere in capo ad una medesima persona per troppi anni. Da ciò infatti discende il divieto di terzo mandato nei confronti dei sindaci di comuni con popolazione superiore ai quindicimila abitanti. La logica è proprio quella di favorire il ricambio istituzionale nel tempo. E mi sovviene a questo punto un interrogativo: perché non rimuovere il limite del terzo mandato nel settore degli enti locali? Ecco perché ritengo che l'ipotetica riforma vada ben approfondita evitando magari di realizzarla alla vigilia di competizioni elettorali cui dovrebbe applicarsi».
Forza Italia è apparsa sorpresa dalla proposta. La maggioranza troverà una posizione unitaria?
«Il mio partito ha assunto una posizione di rigorosa riflessione sul tema, e sicuramente si confronterà serenamente con gli alleati coni quali si è trovata sempre una sintesi unitaria. Sono certo che sarà così anche questa volta».
Come si supera la mancanza di omogeneità tra regioni a statuto ordinario e regioni a statuto speciale sul terzo mandato?
«Questa mancanza di omogeneità va superata con l'unico strumento possibile sotto il profilo legislativo: modificare le norme delle regioni a statuto speciale attraverso la modifica di questi ultimi attraverso una norma di rango costituzionale. Non vedo altre soluzioni».
Lei conosce molto bene la macchina parlamentare. Se si deciderà di procedere quale sarebbe la strada migliore? Un ddl ad hoc o un emendamento a un provvedimento già calendarizzato?
«È evidente che sotto il profilo temporale un emendamento ad un provvedimento già in itinere costituisca una efficace scorciatoia, ma mi chiedo se una riforma così delicata non meriti un provvedimento specifico che assicuri un articolato dibattito.
Si tratterebbe di un fatto tattico e non strategico, ma mi chiedo personalmente perché non procedere eventualmente con un disegno di legge specifico. E non vedrei in ciò problemi di tempo perché il parlamento ha sempre dimostrato che, quando vuole andare spedito, ci riesce».