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Tetsuya, il disoccupato fanatico delle armi. L'ipotesi lupo solitario e l'ombra della setta

Yamagami, 41 anni, è subito stato fermato. Ora rischia la pena di morte. Ha agito da solo ma c'è un filo che lo lega agli attentati a Tokyo del 2005

Tetsuya, il disoccupato fanatico delle armi. L'ipotesi lupo solitario e l'ombra della setta

Chiangmai (Thailandia). Tetsuya Yamagami, 41 anni, un passato nelle Forze di autodifesa, ha ammesso subito di essere l'assassino dell'ex primo ministro giapponese Shinzo Abe. L'uomo, residente proprio a Nara, la cittadina dove è avvenuto l'attacco mortale, sarebbe arrivato in treno e ha utilizzato una specie di doppietta a canne corte di fattura artigianale lunga circa 40 centimetri e alta 20, assemblata e camuffata con dello scotch nero e tenuta a tracolla, come fosse una borsa o una macchina fotografica professionale. Nei video apparsi in rete l'attentatore si vede più volte intento ad ascoltare il comizio dell'ex primo ministro. In un fotogramma, addirittura, è proprio dietro di lui e sembra applaudire. Poi sferra l'attacco. Fa partire i due colpi a disposizione e lentamente prova ad allontanarsi.

Subito bloccato dagli uomini della sicurezza, ha dichiarato di non far parte di nessuna organizzazione e di voler uccidere Abe perchè frustrato e insoddisfatto del suo operato politico. Ha poi aggiunto di «nutrire rancore contro un gruppo specifico», che sarebbe stato collegato proprio all'ex leader. Non è stato specificato di quale organizzazione si tratti e la polizia al momento non ha voluto commentare. Abe, però, era noto per essere un appartenente alla Nippon Kaigi, la più grande associazione patriottica del Giappone. A fine aprile ha visitato il santuario Yasukuni di Tokyo, dedicato ai soldati che morirono combattendo al servizio dell'Imperatore. Ogni sua visita provoca le proteste da Cina e Corea. Ma nella conferenza stampa fatta dalle autorità il nome Nippon Kaigi non è stato fatto e attualmente non è chiaro se Yamagami si riferisse ad essa oppure no.

La perquisizione nella casa dell'attentatore ha portato al ritrovamento di esplosivi e altre armi rudimentali, proprio simili a quella usata nell'attacco. Probabilmente costruite con l'ausilio di tutorial presenti sul Web. In alcuni video caricati su internet, infatti, si trovano informazioni molto dettagliate su come trasformare dei semplici tubi e altri materiali facilmente reperibili sul mercato in vere e proprie macchine per uccidere.

Durante il suo servizio nella marina giapponese dal 2003 al 2005, Yamagami ha ricevuto un addestramento sulle armi da fuoco e ha ricoperto diversi ruoli, tra cui quello di ufficiale dell'autodifesa e membro dell'equipaggio della nave di scorta Matsuyuki. Non si hanno notizie sugli anni successivi. Secondo quanto riportano i media locali l'attentatore avrebbe lasciato l'ultimo lavoro in una società di spedizioni nella regione del Kansai lo scorso maggio, dopo due anni, con la motivazione di sentirsi «stanco». «Non ho mai sentito che avesse convinzioni politiche», ha detto un suo ex collega di lavoro. «Non riesco a collegarlo all'attacco», ha aggiunto.

Le informazioni trapelate fino a questo momento sono ancora troppo poche per scoprire il vero movente che ha spinto l'attentatore al folle gesto. Ma non si può escludere nessuna pista. Potrebbe trattarsi di un'azione isolata fatta da un lupo solitario, oppure potrebbe tornare l'incubo del fanatismo politico-religioso che in Giappone si chiama Aum Shinrikyo. Tre giorni fa ricorreva il quarto anniversario della morte di Shoko Asahara, pseudonimo di Chizuo Matsumoto, uno dei fondatori della setta. Nel 2004 Asahara era stato riconosciuto colpevole di essere stato mente e mandante dell'attentato alla metropolitana di Tokyo del 1995. La sua condanna a morte è stata eseguita l'8 luglio 2018, proprio quando al governo c'era Shinzo Abe. Ora anche Tetsuya Yamagami potrebbe fare la stessa fine. Il Giappone, infatti, nonostante le critiche internazionali e l'opposizione degli attivisti, mantiene la pena di morte. E può essere inflitta anche in casi di omicidi singoli, qualora l'attacco portato dall'assassino venga considerato particolarmente efferato.

Proprio come quello di ieri.

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