La toga pronta a sabotare l'accordo Italia-Albania

La giudice Albano promette una pioggia di ricorsi se le Camere ratificheranno il patto

La toga pronta a sabotare l'accordo Italia-Albania
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Fiato alle trombe. Neanche il tempo di stringere la mano al premier dell'Albania che la Meloni finisce subito nel mirino della sinistra prima e ora anche della magistratura. Poco importa se uno come Cassese abbia già sostenuto che l'intesa siglata rispetti il diritto europeo e quello italiano. Quando c'è da scendere in campo sui migranti, non c'è il rischio di trovare posti vuoti. E infatti è scesa in campo Silvia Albano, giudice del tribunale civile di Roma nella sezione specializzata in diritti della persona e immigrazione, membro del comitato direttivo centrale dell'Anm e iscritta alla corrente di Magistratura Democratica. La sua opinione è tranchant: «Giuridicamente inattuabile»; «Viola le leggi nazionali», «Prevede investimenti onerosi per le finanze statali». Dulcis in fundo: «Mi sfugge il senso di avviare una struttura in Albania con costi importanti». E quindi prevede una «pioggia di ricorsi se il Parlamento non interverrà a modificare le norme». Il senso dovrebbe essere quello di mettere un freno agli sbarchi sempre più frequenti sul nostro territorio, ma è comprensibile che possa sfuggire a una toga che annovera nel suo curriculum il contrasto ai provvedimenti del governo e varie lodi alle Ong.

Vicina all'Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione (Asgi) finanziata a suon di milioni da George Soros, la Albano si è schierata al fianco della collega Iolanda Apostolico, che aveva dichiarato illegittimo il decreto immigrazione del governo e rimesso in libertà dei tunisini già espulsi. Nel gennaio 2021 la Albano si è scontrata col ministero dell'Interno etichettando come «illegittime» le «riammissioni informali» in Slovenia. Nel luglio 2019 ha inoltre stigmatizzato il dl Sicurezza bis voluto dall'allora ministro Salvini, evidenziando che «chi presta soccorso rischia di dover affrontare un lungo processo penale» e aggiungendo che «c'è quindi una funzione deterrente rispetto all'attività di soccorso in mare.

Tutti i procedimenti a carico delle ong si conclusi con l'assoluzione». Insomma, sulle Ong la Albano non ravvede tratti di illegalità. Non per nulla ha condiviso le raccolte fondi e l'operato di Sea watch o Mare Jonio, sanzionata e finita sotto processo a Ragusa.

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