Torna l'incubo spread. E adesso tremano anche i nostri conti pubblici

Il differenziale Btp-Bund a 201. Il costo sugli interessi potrebbe crescere fino a 50 miliardi

Torna l'incubo spread. E adesso tremano anche i nostri conti pubblici

Lo spread sfonda quota 200 punti e noi dovremo abituarci. Negli uffici del ministero dell'Economia da giorni si stanno facendo le stime su quanto peseranno gli interessi sul debito a fine anno. Ieri i timori per i conti pubblici si sono meterializzati in un aumento del differenziale tra il Btp e il bund tedesco che lascia poco spazio ai dubbi.

Per la prima volta in tre anni lo spread ha sfondato il muro dei 200 punti base, chiudendo la seduta di ieri a 201. Pesano le vendite dei Btp e il conseguente aumento dei rendimenti. Quelli del Btp decennale sono arrivati al 2,39% dal 2,24%, percentuale di chiusura della settimana scorsa.

Questa volta le ragioni dell'impennata non sono (solo) interne. I mercati si muovono sulle difficoltà dell'Ue dopo gli attacchi del presidente statunitense Trump e sulle incertezze che arrivano anche dagli stati forti dell'Europa. Dalla Germania, alle prese con elezioni incerte.

Poi, soprattutto, dalla Francia, dove il Fronte Nazionale di Marine Le Pen guadagna consensi su un programma che, se realizzato, metterebbe a serio rischio l'esistenza dell'Unione europea. Non sono bastate nemmeno le parole del governatore della Banca centrale europea sull'Euro irreversibile a invertire la tendenza. A rimetterci sono stati in primo luogo titoli degli stati più deboli. Oltre ai nostri Btp, i Bonos spagnoli che hanno chiuso la giornata con un differenziale rispetto ai Bund a 141 punti base (+20 punti rispetto a venerdì) e un rendimento salito all'1,79% dall'1,64%.

Questa volta anche la Francia ha risentito dell'ondata di vendite e lo spread con i Bund è arrivato a 77 punti, il massimo da quattro anni. Una tempesta perfetta completata con i mercati finanziari che hanno chiuso tutti in perdita. In particolare Piazza Affari, a meno 2,21%, a causa dei bancari e di Unicredit.

L'Italia è destinata comunque a pagare il conto più salato. I tassi di interesse stanno aumentando in tutto il mondo per ragioni diverse. L'Italia accentua questa tendenza per ragioni interne. L'aumento del costo del debito fa diminuire a sua volta la fiducia dei mercati sul Belpaese, già minata dalla prospettiva di una Banca centrale europea meno interventista e, viste le pressioni tedesche sempre più forti, sempre meno disposta ad acquistare titoli di stato, quindi a tenere bassi i tassi di interesse.

Questo significa che dovremo abituarci a spread più alti di quelli degli ultimi due anni. Forse più alti anche rispetto a quelli di ieri.

Se gli interessi sul debito italiano aumenteranno ancora ne risentiranno i conti pubblici. La preoccupazione emerge da qualche dichiarazione del ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan e da studi della direzione debito del dicastero di via XX settembre. Difficile sapere ora quanto peserà la voce interessi sul deficit del 2017, ma «se si riproponesse una crisi dello spread come quella del 2011 costerebbe sui 50 miliardi», spiega Emanuele Canegrati, analista di BlackPearlFX.

Sulla stessa linea Unimpresa che calcola cosa succederebbe se il livello dello spread, e quindi degli interessi sul debito italiano, dovessero semplicemente rimanere sullo stesso livello: di ieri «si potrebbe ottenere un aggravio tra i 12 e i 20 miliardi».

Un costo extra da aggiungere all'extradeficit da 3,4 miliardi che il governo si appresta a correggere nelle prossime settimane con una manovra che

sarà quasi esclusivamente concentrata sulle entrate, cioè sulle tasse. In prospettiva, nel 2018, ci sono altri 20 miliardi da coprire per le clausole di salvaguardia ed evitare un aumento dell'Iva. Impresa quasi impossibile.

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