Tramonta il mito della patente. La libertà? Non va più in auto

I giovani non guidano

Tramonta il mito della patente. La libertà? Non va più in auto

La maggiore età un tempo si aspettava bramosamente per tre motivi: firmarsi le giustificazioni a scuola, votare e prendere la patente (non necessariamente in quest'ordine). Oggi i registri elettronici svelano ogni «buca» a scuola, la partecipazione democratica è sempre meno ambita e il mito dell'auto si è notevolmente impolverato.

Potremmo ragionare su quale senso abbia oggi compiere 18 anni ma in fondo è più divertente capire perché i giovani non abbiano più fretta di mettere le mani su un volante.

Partiamo dalle cifre. Nel 2016 i giovani tra i 18 e i 19 anni d'età che hanno preso la patente sono stati 287.551, l'8,4 per cento in meno rispetto al 2012. Questo non vuol dire che alla fine la patente non si consegua. Ma certo c'è meno fretta di farlo. Secondo un'indagine di facile.it che ha rielaborato i dati del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, l'età media a cui si prende la patente è di 21 anni e due mesi. Un problema non soltanto italiano. L'American Automobile Association, il corrispettivo dell'Aci statunitense, è andato a sfrucugliare i neomaggiorenni scoprendo che il 44 per cento non ha un'automobile e il 39 per cento usa abitualmente forme di trasporto alternative.

Ma quali sono i motivi di questo calo? Va detto che rispetto a qualche anno fa ci sono più limiti per chi consegue la licenza di guida. Dal 2011 i patentati di categoria B per un anno non possono guidare veicoli aventi un rapporto potenza/tara superiore a 55 Kw/t o comunque veicoli con potenza massima che superi i 70 kw. Un dettaglio? Forse, ma certo questo ha contribuito a rendere meno «rock» l'idea di guidare.

C'è poi un problema economico. Secondo una recente indagine di «Quattroruote» conseguire una patente B in Italia costa circa mille euro. La città italiana più cara è Milano, dove la spesa media è di 1054 euro con punte di 1253 euro, mentre a Napoli la media è di 880 euro e a Roma di 690.

Ma alla fine la rivoluzione è soprattutto culturale. I baby boomers e i loro fratellini sono cresciuti in un mondo fabbricato attorno all'automobile. Un'utilitaria magari scassata, quasi certamente di terza mano, era tutto ciò che un giovane poteva desiderare: mezzo di trasporto per gite al mare, per improbabili viaggi in Europa spesso progettati e raramente realizzati, arma di seduzione nei confronti delle coetanee e in caso di improbabile successo alcova di risulta. Non avere la patente - o in seconda battuta averla ma non avere le chiavi di un'auto - voleva dire essere figli di un dio scarburato. Condannati all'emarginazione, allo scrocco, all'onanismo motoristico. Nella vita o eri guidatore o eri passeggero. O avevi una Panda e il mondo era il tuo confine; o andavi a piedi e in bus ed eri segregato nel paesino o nel rione.

Oggi invece i giovani hanno un'altra grammatica. I social hanno accorciato le distanze. Lo smatrphone è uno status symbol assai più preciso di un'automobile. Il vero «figo» non è quello che ha un tigre nel motore, ma spesso colui che ha l'account di Car2Go: l'auto à-la-carte, che la parcheggi dove vuoi e se la benzina aumenta chissenefrega. Certo, stiamo parlando di un set per lo più metropolitano, perché la vera divisione dell'Italia non è tra Nord e Sud ma tra metropoli e provincia. In città ci sono mezzi pubblici più efficienti, pochi parcheggi e tanti strumenti in condivisione.

Nel paesino di duemila anime in una valle alpina o nelle Murge, ancora oggi se non hai un'auto i tuoi orizzonti si restringono drammaticamente.

Insomma non è la patente a essere cambiata, ma la nostra idea di libertà. I giovani sono ancora on the road. Ma a casa da mammà, con l'iPhone in mano e soprattutto senza fretta.

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