Tre anni ad Amanda Knox, su Meredith calunniò Lumumba

Per le accuse al barista l'ex studentessa condannata per calunnia. Le lacrime alla lettura del dispositivo. Gli avvocati: "Faremo ricorso"

Tre anni ad Amanda Knox, su Meredith calunniò Lumumba
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È stata assolta definitivamente da oltre un decennio ma l'omicidio di Meredith Kercher, avvenuto nel 2007 a Perugia, continua a restare incollato come un francobollo alla figura di Amanda Knox. Sembrava ormai tutto negli archivi, invece la 36enne americana è tornata in un'aula di tribunale italiano 13 anni dopo l'ultima volta. E davanti alla Corte d'assise d'appello di Firenze la donna, oggi attivista e autrice, ha tentato una nuova, accorata, difesa per liberarsi dell'ultima macchia giudiziaria che le è rimasta addosso. Knox è stata infatti condannata per calunnia nei confronti di Patrick Lumumba, all'epoca titolare di un bar di Perugia coinvolto nelle indagini sul delitto proprio dall'ex studentessa. Lui, però, è risultato totalmente estraneo e prosciolto. «Si prese cura di me, mi consolò dopo la perdita della mia amica. Mi dispiace che lui abbia sofferto ma non l'ho mai calunniato - dice Amanda in aula -. Non potevo essere testimone contro Patrick, perché non sapevo chi era l'assassino».

Ma un memoriale scritto in inglese prima di essere portata in carcere è stato sufficiente ai giudici toscani per ritenerla responsabile di averlo accusato «consapevole della sua innocenza», come prevede il reato. Non è stato possibile utilizzare quale corpo del reato le dichiarazioni rese la notte del 6 novembre del 2007, quando venne poi fermata, che chiamavano in causa Lumumba. È rimasto dunque solo quello scritto prima di essere portata in carcere, nel quale Knox sosteneva di «dubitare fortemente» delle sue dichiarazioni precedenti, «fatte in uno stato di choc, stress e profonda prostrazione». Parlò di flash e di «immagini sfocate», di un «sogno». E aveva aggiunto: «E non sono sicura che si tratti di eventi effettivamente accaduti». Confermata, dunque, la condanna a tre anni di reclusione, già comunque scontati avendone trascorsi quasi quattro in cella tra l'arresto e la scarcerazione. Una sentenza che la scrittrice di Seattle non si aspettava e che ha riaperto una ferita già profonda. Ecco perché in aula Amanda Knox scoppia in lacrime, prima di sfuggire al circo mediatico insieme al marito Chris Robinson.

«Pensava di mettere un punto fermo - confermano i suoi difensori Carlo Dalla Vedova e Luca Luparia Donati - ha detto di essere delusa». D'altronde l'aveva già scritto sui suoi social nei giorni scorsi: voleva «scagionare» il suo «nome una volta per tutte dalle false accuse». I legali, comunque, sono già pronti ad un nuovo ricorso in Cassazione. «Knox non è una vittima ma una calunniatrice», attacca invece l'avvocato Carlo Pacelli, legale di parte civile per Lumumba. «La sentenza è giusta e meritata - ha sottolineato lui stesso. Non si pugnalano gli amici nelle spalle, invece Amanda mi ha pugnalato. E non mi ha chiesto scusa». Quasi retoricamente, invece, l'avvocato Francesco Maresca, legale della famiglia Kercher chiede: «Per chi e per cosa ha calunniato? Rimane aperta la domanda fondamentale».

Sono gli ultimi strascichi giudiziari di uno dei casi di cronaca nera più clamorosi della storia recente, dopo quasi un ventennio di inchieste e sentenze sull'assassinio della studentessa 21enne Meredith Kercher. Senza un colpevole.

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