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Tre ore senza spot. Un rito di popolo in linea con Silvio

Si sarebbe infuriato. Tre ore di televisione senza un solo spot pubblicitario. Ma è accaduto. In Sua assenza, una maratona di immagini, pensieri, parole sui canali di casa, dunque Mediaset

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Si sarebbe infuriato. Tre ore di televisione senza un solo spot pubblicitario. Ma è accaduto. In Sua assenza, una maratona di immagini, pensieri, parole sui canali di casa, dunque Mediaset però puliti, come ai bei tempi della Rai prima di Carosello. Ma non c'erano ovviamente alternative, non siamo in America dove anche il momento della sepoltura si presta al lancio di un prodotto. Il funerale di Silvio Berlusconi ha rifiutato e cancellato i consigli per gli acquisti, sarebbe stato grave e poco serio interrompere la funzione, i cori dei tifosi, l'omelia dell'arcivescovo, l'arrivo dei ministri, le immagini dei partecipanti e del popolo per mandare in onda un dentifricio sbiancante o una automobile con tutti gli optional. Dunque il business ha osservato due ore di silenzio che l'uomo che ha fatto affari, come ha detto nell'omelia l'arcivescovo, non avrebbe tollerato mai e poi mai, scendendo in regia e ordinando la messa in onda dello spot. Ed è stato bello così, per chi ha seguito l'evento nella diretta Mediaset, osservando più che ascoltando perché, grazie alle telecamere e dunque al televisore certi dettagli non sarebbero individuati e poi raccontati da chi sta sul pezzo, capita anche nello sport, in qualunque disciplina, dalla formula 1 l calcio, là dove il replay smaschera un particolare sfuggito ai più. Così l'espressione di Sergio Mattarella quando si è accomodato e ha sbirciato, stranito, sorpreso, scalando i clamorosi centimetri di altezza dell'emiro qatariota Al Thani, forse il solo musulmano presente in Duomo, quei fotogrammi sono stati da commedia pirandelliana, di sicuro repertorio di Striscia la notizia, così come l'outfit nerissimo, come i capelli, niente affatto armocromatici di Elly Schlein o la squadra di ex calciatori milanisti alcuni però senza cravatta (Demetrio Albertini) come il presidente avrebbe voluto e imposto o ancora i capelli vaporosi di Umberto Bossi in carrozzina. Un funerale di Stato? No, un rito di popolo, quello frequentato da Silvio Berlusconi, riassunto dall'omelia, illustrata in ogni inquadratura, compreso quel mazzo di fiori posato sull'autofunebre e che non si è mai scollato dal tettuccio nel percorso di ritorno ad Arcore, come un segno di gioia continua, rose che non vogliono appassire. Una, dieci, cento bandiere milaniste e nessuno sventolio di partito, sì, d'accordo, un coretto provocatorio «chi non salta comunista é», roba curvaiola non certamente un'offesa o un insulto come invece è stata la mediocre assenza di Giuseppe Conte don Abbondio, il coraggio, uno, se non ce l'ha, mica se lo può dare. Dunque rispetto ai grandi eventi che accompagnarono l'ultimo viaggio di Gianni Agnelli, l'Avvocato, o di Enrico Berlinguer, il compagno e di Elisabetta II, la regina, funerali sontuosi, di partito, di corte. Milano si è regalata un pomeriggio di rispetto e di omaggio popolare, come è nella sua tradizione, senza strazi, senza lamenti pubblici o lacrime esibite ma una dignità di cordoglio e di dolore.

In fondo il senso della vita di Silvio Berlusconi.

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