Tre partite incrociate agitano il governo. Vertice e contro-vertice sulle riforme

Premierato, autonomia e separazione carriere: ecco i totem per le Europee. La diffidenza della Lega e l'asse Fdi-Fi. Sisto accelera: "Tertium non datur"

Tre partite incrociate agitano il governo. Vertice e contro-vertice sulle riforme
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Bastano tre giorni e due riunioni - la prima a Palazzo Chigi lunedì e la seconda alla Camera ieri - per fotografare il lento ma inesorabile movimento delle tre placche tettoniche che, saldatesi nuovamente dopo la caduta del governo Draghi, dall'ottobre 2022 danno vita al centrodestra di governo. Fratelli d'Italia e Forza Italia, infatti, continuano a muoversi affiancate e nella stessa direzione, con la Lega sì a seguire ma con una diffidenza sempre più tangibile. D'altra parte, il traguardo delle Europee si avvicina e l'8 e 9 giugno - con l'inesorabile sistema proporzionale che impone il tutti contro tutti - si tirerà una riga sui nuovi equilibri. Ragione per cui Fdi, Fi e Carroccio vogliono arrivare all'appuntamento sicure che le rispettive bandierine elettorali non siano ammainate prima.

I tre totem sono premierato, autonomia differenziata e separazione delle carriere. Sul primo Giorgia Meloni spinge da tempo e la scorsa settimana lo ha rilanciato con forza dal Canada dopo gli incontri con Biden prima e Trudeau poi. Sul secondo, in discussione alla Camera, la Lega teme frenate, perché il tema è divisivo e pesano i dubbi dell'Ufficio parlamentare di Bilancio, della Banca d'Italia e pure di Confindustria e Cei. Sul terzo, che oggi sarà incardinato in commissione Affari costituzionali a Montecitorio, c'è una decisa accelerazione su spinta di Forza Italia. E qui sta il punto. Perché dopo che Meloni ha incontrato il ministro della Giustizia Carlo Nordio per dare la sua personale benedizione alla separazione delle carriere in una riunione allargata a Palazzo Chigi, ieri la Lega ha chiesto garanzie sull'autonomia differenziata. Con tanto di contro-riunione, che si è tenuta nella Sala Salvadori del gruppo del Carroccio a Montecitorio. Con il ministro degli Affari regionali Roberto Calderoli, i capigruppo di maggioranza, i relatori del dl di Fdi e Fi e il presidente della commissione Affari costituzionali della Camera Nazario Pagano (che, scherza affettuosamente Maurizio Lupi con i suoi colleghi, «dopo il pieno di voti che ha fatto Forza Italia in Abruzzo ormai si sente Biden»). Un incontro nel quale Calderoli avrebbe chiesto rassicurazioni sui tempi, preoccupato da un possibile ingorgo istituzionale che non permetta alla Lega di arrivare alle Europee con un primo via libera. Da Fdi è arrivato un sostanziale via libera, con un dettaglio: «Il premierato deve però andare di pari passo».

D'altra parte, da dopo il voto in Abruzzo Meloni insiste con forza sulla necessità di una tregua nella maggioranza. Un approccio che è premiante a livello di coalizione in vista delle Europee. Ma che è allo stesso tempo fragile nei fatti, perché rischia di penalizzare una Lega con il fiato sul collo di Forza Italia (che l'ha doppiata in Sardegna e ampiamente superata in Abruzzo, come potrebbe fare in Basilicata il 21 e 22 aprile). Di qui la titubanza del Carroccio sulla separazione delle carriere, riforma che fino a qualche giorno fa non sembrava in cima all'agenda. Ma che il viceministro della Giustizia, Francesco Paolo Sisto, considera imprescindibile. «Dopo autonomia e premierato, la separazione delle carriere è un tertium non datur», spiegava ieri l'azzurro in Transatlantico.

E che le placche in movimento possano portare scossoni o quantomeno sommovimenti lo dimostra la giornata di passione di ieri al Senato, dove due emendamenti della Lega su terzo mandato e ballottaggi dei sindaci hanno acceso l'Aula. In Fdi l'approccio è cauto, tanto che il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, derubrica il tutto a «una questione non di maggioranza ma interna alla Lega». Insomma, Salvini insisterebbe sul terzo mandato - spiegano a via della Scrofa - per lanciare un messaggio all'elettorato della Liga Veneta in vista delle Europee. Come a dire, abbiamo fatto di tutto per far restare in pista Luca Zaia alle Regionali del 2025. Una partita - quella del Veneto - su cui Fdi inizia a lanciare messaggi di pace.

Tanto che il senatore Luca De Carlo, coordinatore regionale e papabile alla successione di Zaia, ora predica prudenza. Al punto che due giorni fa in Transatlantico non escludeva che la regione possa restare a guida a leghista.

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