Tutti gli errori di Bibi. Insistere senza sosta sulla riforma divisiva. Il ruolo dei religiosi

Costretto a fermarsi di fronte al Paese in fiamme. La scelta di non dialogare e gli attacchi alle toghe. Ma la frattura nella società è più profonda. L'odio delle élite

Tutti gli errori di Bibi. Insistere senza sosta sulla riforma divisiva. Il ruolo dei religiosi

È stata una scelta difficile per Netanyahu decidere di annunciare quella che non è certo una vittoria. Bibi ha dovuto cedere. Ci ha messo ore prima di offrire il viso stanco alle telecamere, e la decisione di arrendersi alle manifestazioni è stata annunciata solo dopo che Ben Gvir ha accettato di non far cadere il governo con un voto contrario. L'esempio che ha portato è stato quello delle due madri che rivendicano lo stesso bimbo di fronte a re Salomone, che offre di tagliarlo in due per contentare entrambi. È una provocazione che conduce la vera madre a rinunciare al figlio per lasciarlo intero. Così Netanyahu si è rivolto alla sua parte: è il momento di scegliere l'unità del popolo, sacrifichiamoci. Una mossa che se compiuta qualche settimana fa avrebbe evitato il surriscaldamento.

E adesso che la riforma è stata fermata, anche gli scontri cesseranno? Ora che Benny Gantz e persino Yair Lapid, i capi dell'opposizione, hanno accettato di elaborare un nuovo testo con il governo, la politica e la società israeliana tireranno un respiro di sollievo? Difficile crederlo. La vittoria dell'inizio di novembre che riportò Netanyahu al potere, si è trasformata in un gomitolo di errori, accuse, fraintendimenti che oggi fanno del primo ministro di Israele un leader in lotta: i suoi nemici, che hanno annusato la possibilità di eliminarlo, parlano di un eccesso di fiducia in sé stesso. Molti sono certi, invece, che la sua incredibile «stamina», il carisma che lo ha portato a fare di Israele un Paese ricco, liberale, il quarto nella classifica mondiale della felicità, lo condurrà fuori dalla tempesta. Ma quasi mai Israele si era trovata così lacerata dall'odio scatenato nelle sue strade. Lo sciopero generale, l'aeroporto, gli ospedali chiusi, le autostrade e le università bloccate sono bombe che, innescate per esprimere un «no» furioso alla riforma, parlano di una frattura molto più profonda. Partono dalla composizione di una coalizione antropologicamente aliena a metà di Israele, all'élite storica che odia le sue componenti religiose e nazionaliste, ricambiata: in nome del no alla riforma, la parola «democratia» sui cartelli, parla dell'elite laica e emancipata di Tel Aviv. Bibi, aristocratico e laico a sua volta, non è stato perdonato per l'alleanza coi religiosi nazionalisti.

Ma i motivi della spaccatura israeliana sono anche nelle negligenze della coalizione: la riforma è rimasta nelle carte e interpretata al peggio. Unita al pregiudizio comune contro la destra e contro il premier al potere da 15 anni, è stata devastante. Bibi ha sbagliato, non ha spiegato bene neppure il primo cedimento che lo ha portato a cambiare la legge. Avrebbe forse ottenuto ascolto, perché non c'è cittadino che non concordi sulla necessaria riforma di una legge che fa dei giudici una casta intoccabile. Intorno intanto si compivano una serie di errori che svegliavano idiosincrasie e odi. Bibi ha lasciato che la riforma entrasse come un tank sulla scena politica: avrebbe dovuto apparire a capitoli lievi, sottoposta a discussione, senza sottovalutare i giudici, un'oasi di potere e consenso internazionale, la vera sinistra ideale di un Paese di cui il mondo non sopporta la guerra cui è costretto. Ha lasciato che il suo ministro Levin, tutto preso dalla sacra missione, dimenticasse di mostrare rispetto all'interlocutore. Bibi ha detto in un'intervista alla tv inglese due giorni fa: «Siamo nati democratici, siamo democratici, saremo sempre democratici». Ma non l'ha spiegato.

Quando ha emendato il testo sulla selezione di giudici, espandendo il numero degli elettori da 9 a 11, così da ottenere una maggioranza molto risicata per il governo, non ha spiegato nemmeno quello.

Mentre la folla gli dava del fascista, nessuno rispondeva se non con l'offesa «anarchici», e si affiancavano sospetti di autoritarismo su una serie di sciocchezze mai diventate legge, come la proposta di proibire ai cristiani di propagare il Vangelo, i vestiti «modesti» da imporre al Muro del Pianto, certi autobus divisi per sesso, la discussione sulla riammissione di Arieh Deri al ruolo di ministro, le uscite poco professionali contro terroristi e nemici politici dei ministri di estrema destra come Ben Gvir o Smotrich, e infine il licenziamento del ministro della difesa Gallant. Adesso il bambino conteso dovrebbe essere stato salvato. Bibi sa che nel 70 dC, Gerusalemme venne distrutta perché il popolo era intento a un grande scontro interno. E corre ai ripari...

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