
Garantisti ma a geometria variabile. Perché, soprattutto se l'indagato si chiama Matteo Salvini, nel centrosinistra è caccia all'uomo anche dopo l'assoluzione. Se invece a finire sotto inchiesta è Giuseppe Sala, le cose vanno diversamente. Perché a difendere il sindaco di Milano, oltre al "suo" Pd, si ritrova anche il centrodestra, garantista da sempre e non a giorni alterni.
Il paradosso all'italiana nasce intorno alla decisione dei pm palermitani di impugnare l'assoluzione di Salvini per Open Arms. Saltando addirittura l'appello per rivolgersi direttamente alla Cassazione, non per caso la sede dove a marzo scorso si era affermato che non indicare il Pos a una nave carica di migranti non era un atto politico, ma un errore da sanzionare. Una forzatura, quella del ricorso "per saltum", che ha spinto molti nel governo inclusi Giorgia Meloni e il Guardasigilli Nordio, a esprimere la propria perplessità. Anche perché il garantista Nordio da tempo si è detto contrario alla possibilità che le sentenze di assoluzione, anche in primo grado, possano essere impugnate dal pubblico ministero. Tanto da prevedere anche questa modifica nella riforma della giustizia.
Ma a sinistra la vicenda viene letta diversamente. Già dopo l'assoluzione di dicembre dal fronte progressista erano piovute condanne morali sul vicepremier, innocente per la giustizia ma autore di comportamenti considerati "inaccettabili" copyright Schlein - o "ingiustificabili" Fratoianni. E anche adesso si va all'attacco di chi critica la decisione della procura, molto gradita da quella parte politica. Così, per il dem Alessandro Zan Nordio "se la prende con i magistrati che hanno impugnato la sentenza di assoluzione di Salvini nel processo Open Arms", mostrando "un comportamento indegno di un ministro della Repubblica". Secondo Zan, insomma, Nordio sta "intimidendo" la magistratura, anche se come detto il ministro è da sempre contro l'appello per le assoluzioni. Anche per il segretario di +Europa Riccardo Magi il Guardasigilli ha scelto la via delle "intimidazioni", e già che c'è Magi anticipa una condanna per Salvini, che "ha tenuto in ostaggio 147 persone in mare". Leader leghista colpevole anche per Giovanni Barbera di Rifondazione Comunista, che reclama un "pieno accertamento processuale" poiché "il trattenimento in mare ha violato i diritti umani". Insomma, sull'altare della sentenza della Cassazione sul caso Diciotti (che riguardava peraltro il risarcimento danni per alcuni migranti eritrei) si condanna Salvini tout court prima ancora di sapere se quel ricorso per saltum verrà accolto.
Evidentemente la tentazione di attaccare il vicepremier è troppo forte. Tanto da riservargli un trattamento molto diverso da quello che sta affrontando Sala, indagato per turbativa d'asta e abuso d'ufficio in una vicenda che ha portato già all'arresto due assessori e a misure cautelari per altri dirigenti.
Per lui, un coro di garantismo unanime, che parte da Elly Schlein e da tutto lo schieramento progressista e arriva al centrodestra e a Ignazio La Russa, che chiede le dimissioni della giunta ma invita a non "scaricare tutto" sul sindaco. Due pesi e due misure: lo scarto tra chi è garantista sempre e chi solo quando conviene.