Forse aveva problemi di soldi. Faceva il mediatore finanziario. Guai con alcuni clienti? Lo diranno le indagini. La moglie ha detto che stavano per comprare una casa nuova: avrà avuto i pensieri che tengono svegli tutti i padri di famiglia che si caricano un debito sulle spalle. Ce la farò con il mutuo? Riuscirò a mandare i ragazzi all'università? E se mi succedesse qualcosa? Sono tremendi i dubbi davanti a un futuro ignoto lastricato di fatiche certe. Ma l'orrore di Trento è senza fondo. Il padre, Gabriele Sorrentino, 44 anni, che ammazza a martellate due figli piccoli e poi va a morire gettandosi in un burrone è un infinito abisso di disperazione. C'è una sola parola davanti alla quale fermarsi. È la parola mistero. L'uomo è un mistero, lo è la sua mente, la sua storia, il suo destino, la sua stessa origine. Nessuno si fa da sé, qualcuno ci ha voluto, e ci ha voluto bene, prima ancora di vederci in faccia. Quel povero cristo di Trento di figli ne aveva tre. Li aveva cercati, voluti, amati. Tante persone oggi hanno paura, magari un bambino lo vorrebbero ma sono frenati. In che mondo vivrà? Ce la farà? L'incapacità drammatica di rispondere a queste domande paralizza il desiderio di un figlio. Ci vorrebbe una vita che scorre via mediamente liscia, come un film con lieto fine garantito anche dopo mille sofferenze.
Ma la realtà non è una fiction da dopocena. È cocciuta e spesso impietosa. Soprattutto, è misteriosa. Noi non ne siamo padroni anche se facciamo di tutto per inscatolarla in desideri limitati. E questa di Trento è una storia dominata da un mistero insondabile. Psicologi, vicini, amici, parenti: c'è la corsa a chiedersi perché. Ma la risposta sarà sempre incompleta. Per quanti motivi possano venire alla luce, non ci sarà mai una ragione adeguata per spiegare un padre che spacca la testa ai figli a martellate e poi si butta nel vuoto.
Uno dei figli uccisi aveva quattro anni, l'altro due e mezzo. Avevano tutta la vita davanti. Il padre un po' di vita l'aveva già vissuta. Gli studi, un passato da carabiniere elicotterista, il lavoro da consulente, l'amore, la famiglia: il sogno di tanti, un fiume a volte impetuoso, altre volte più placido, ma sempre contenuto da argini rassicuranti. Abitavano a Trento, in una delle città che sovrasta le classifiche del buon vivere nostrano, in una regione dove tutto funziona, dove il resto d'Italia paga per passarci le vacanze. Stavano all'ultimo piano di una palazzina di viale della Costituzione 17 nel quartiere residenziale delle Albere, quello disegnato da Renzo Piano in cui sorge un'altra creatura glamour dell'architetto genovese, il Muse, il Museo delle scienze. Quanta bellezza circondava quella famiglia.
Guidava un suv, l'uomo della tragedia; una grossa vettura Volvo trovata poco distante dal burrone in cui lui ha schiantato la sua disperazione. Aveva un lavoro. Lavora pure la moglie: è veterinaria in provincia di Bolzano. In casa entravano due stipendi, una casa fortunata al giorno d'oggi. Che cosa volere di più? Già, che desiderio insoddisfatto covava nel profondo di un uomo al quale non bastava una bella famiglia, una bella casa, un bel lavoro, una bella auto? Che fuoco inestinto arde nel cuore della gente? Che cosa vogliamo davvero dalla vita? Interrogativi dimenticati, seppelliti dalle preoccupazioni ma anche dal benessere acquisito. Domande che questa orribile strage costringe ad affrontare di nuovo.
C'era una terza figlia in quella famiglia. Una ragazza di 13 anni graziata dal destino perché era in gita scolastica. Salvata dalla lontananza. È stata l'altra donna di casa, la moglie, a trovare i piccoli corpi straziati, a dare l'allarme, e forse a suggerire il luogo maledetto in cui cercare il marito. Appena di là dell'Adige, poche centinaia di metri in linea d'aria dalla loro casa, si staglia la rupe di Sardagna.
A strapiombo sul precipizio sorge l'hotel Panorama, abbandonato da tempo nonostante la vista spettacolare. L'ex elicotterista si era gettato in un volo di 100 metri. Ora madre e figlia sono rimaste con la loro angoscia, e con la domanda che quel mistero insondabile possa rivelarsi. E abbracciarle nello sconfinato dolore.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.