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Ucciso il presidente. Haiti in stato d'assedio e a rischio guerra civile

Il blitz in casa di Moise: i killer parlavano spagnolo e inglese. La moglie è in fin di vita

Ucciso il presidente. Haiti in stato d'assedio e a rischio guerra civile

Torna nel caos Haiti dopo l'assassinio del presidente Jovenel Moise, freddato da un commando armato fino ai denti che ha fatto irruzione ieri all'una di mattina (le sei in Italia) nella sua residenza nel quartiere Pelerin, nella capitale Port-au-Prince. Molte le stranezze, a cominciare dalle lingue parlate dai killer, lo spagnolo e l'inglese, e non invece il creolo, la lingua ufficiale dell'isola insieme al francese, retaggio della colonizzazione. Ma soprattutto stranissimo il fatto che secondo le prime testimonianze raccolte sul campo per superare lo sbarramento dei controlli di sicurezza della polizia e dell'esercito (la casa di Moise era in una strada chiusa e super protetta) i killer si siano presentati come agenti della Dea, l'agenzia antidroga statunitense. Una gragnuola di colpi di arma da fuoco che nel cuore della notte ha svegliato una delle zone più eleganti della capitale haitiana.

La notizia ha fatto subito il giro del mondo dopo essere stata annunciata dal primo ministro, Claude Joseph. La first lady Martine Moise, colpita in più parti del corpo, lotta tra la vita e la morte in ospedale. Joseph in un comunicato ha invitato la popolazione alla calma, assicurando che la «situazione della sicurezza nel Paese è sotto controllo» e che la polizia e l'esercito «sono stati incaricati di mantenere l'ordine». In realtà la situazione ad Haiti è ben diversa e da tempo il caos istituzionale è di casa nell'ex colonia francese mentre l'ordine pubblico è da tempo una chimera. Adesso, questo feroce duplice assassinio, non fa che complicare le cose perché arriva a due mesi dalle elezioni presidenziali, parlamentari e amministrative indette per il prossimo 26 settembre, elezioni alle quali Moise non poteva essere candidato. Questo 53enne ex imprenditore aveva indetto per la stessa data anche un referendum per approvare una nuova Costituzione, un suo pallino che non aveva però né il sostegno dell'opposizione, né della comunità internazionale. Inoltre da un anno e mezzo Moise governava per decreto senza Parlamento (lo aveva chiuso). Nella seconda metà del 2019 gli haitiani scesero in strada per mesi a protestare contro la riforma costituzionale ma furono repressi dalla polizia, che uccise oltre 40 persone, tra cui donne e bambini. Da allora, con un'inflazione alle stelle e una pandemia che sta mettendo in crisi il mondo, la situazione ad Haiti, uno dei pochi Paesi al mondo (con Burundi, Corea del Nord ed Eritrea) a non avere ricevuto neanche un vaccino, è solo peggiorata. È «sull'orlo dell'esplosione», aveva allertato lo scorso febbraio la locale Conferenza episcopale ribadendo che «redigere un'altra Costituzione» non aveva fatto altro che aggravare le tensioni già esistenti, portando il Paese a essere «totalmente inabitabile».

Dopo avere dichiarato lo stato d'assedio, mentre andiamo in stampa, Joseph (che è diventato presidente ad interim essendo morto di Covid il presidente della Corte Suprema) ha convocato un consiglio dei ministri straordinario. L'esecuzione di Moise lancia un'ombra ancora più fosca sul futuro di un Paese dove da un anno impera «la dittatura dei sequestri» 150 i rapimenti nel primo trimestre secondo fonti ufficiali ma sarebbero molti di più gestita da gang armate di machete e armi pesanti e dove la convivenza civile è legata a un filo. Vedremo che accadrà nelle prossime ore e giorni ma, intanto, a scanso di equivoci la confinante Repubblica Dominicana ha blindato il suo confine con Haiti.

Il timore è che una possibile guerra civile possa causare un esodo biblico di migranti in fuga da Port-au-Prince.

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