
Entra nel vivo, seppure con un imperdonabile ritardo, il dibattito a Bruxelles sulla necessità di rivedere il Green Deal. Troppi e con il rischio di diventare letali i problemi derivati dalla norma che ha avuto in Frans Timmermans, l'ex vicepresidente olandese della Commissione Ue, ora al centro di un possibile scandalo che coinvolgerebbe anche la lobby ambientalista, il convinto realizzatore. E a soffrirne sono l'industria (quella dell'auto in particolare), l'agricoltura, ma anche le famiglie europee (case green). Oggi, tra l'altro, si apre il «Dialogo strategico» sul settore automotive, voluto dalla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, che punta a garantire, a questo sistema vitale per l'economia e l'occupazione, «un futuro saldamente radicato in Europa».
Ecco le parole con cui von der Leyen ha sintetizzato il piano all'interno della «Bussola per la competitività» che fa riferimento alle raccomandazioni contenute nel «Rapporto Draghi»: «Le imprese Ue ci hanno lanciato un chiaro segnale, la complessità delle regole è eccessiva, dobbiamo ridurre la burocrazia. Compiremo uno sforzo di semplificazione senza precedenti, con una proposta Omnibus a febbraio (non è un caso, viste le elezioni imminenti in Germania, ndr). Ci saranno semplificazioni su finanza sostenibile, tassonomia, due diligence».
«L'Europa è frenata dalle sue debolezze - riconosce la presidente, la stessa che ha comunque guidato l'esecutivo Ue nella precedente legislatura -: negli ultimi 20-25 anni il nostro modello di business si è fondamentalmente basato sulla manodopera a basso costo proveniente dalla Cina, sull'energia a presunto basso costo proveniente dalla Russia e sull'esternalizzazione parziale della sicurezza e degli investimenti per la sicurezza. Quei tempi sono finiti. Oggi l'Europa continua a restare indietro rispetto agli Stati Uniti e alla Cina. Dobbiamo correggere le nostre debolezze per riconquistare competitività».
Ammessi, di fatto, gli errori commessi e delineati gli obiettivi, si parte oggi con l'automotive. Due i tempi prioritari: le sanzioni miliardarie previste da inizio anno per i costruttori che sforano, con la propria offerta, il nuovo limite sulle emissioni di CO2 (tra 15 e 17 miliardi la tegola prevista) e la discussione anticipata, in agenda solo nel 2026, della scadenza fissata al 2035 a beneficio del «tutto elettrico». «Certe aspettative - concorda, ora, von der Leyen - devono essere soddisfatte o le incertezze devono essere escluse. È quindi più una questione di settimane che di mesi di cui stiamo parlando. Le sanzioni? È un problema che non si dovrebbe solo guardare singolarmente, ma nel pacchetto che abbiamo sul tavolo». Da parte sua, il vicepresidente esecutivo della Commissione Ue (deleghe a Prosperità e Strategia industriale), Stéphane Séjourné, ha parlato di «cambiamento di mentalità per l'Europa e gli europei», facendo intravedere la possibilità di marcia indietro in tema di sanzioni.
Continua intanto il pressing, direttamente a Bruxelles, del ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso. Ieri l'incontro con Teresa Ribera, vicepresidente esecutiva «green» della Commissione.
Urso: «Ho illustrato a Ribera le indicazioni di politica industriale contenute nei non-paper presentati dall'Italia nella convinzione che si possa realizzare una piena e proficua collaborazione a favore della competitività della nostra Europa».
Non sarebbe più corretto che si dimettesse?
Ridicolo poi che l`impatto ambientale di questo cambiamento sia stato delocalizzato assieme alla produzione in paesi asiatici che non hanno certo le norme restrittive europee, cioe`per non inquinare da noi e`stato spostato un mare di denaro per inquinare altrove.
E adesso la stessa gente che ha creato questa situazione fallimentare e di fatto una crisi economica e sociale dice di cambiare rotta senza ammettere gli errori solo per adattarsi alla nuova gestione USA ? poche idee e ben confuse!
Non sarebbe più corretto che si dimettesse?