
«Il presidente Donald Trump prima era irritato con Kiev, ora lo è con Mosca». Nella frase dell'ambasciatore Usa alla Nato Matthew G. Whitaker c'è tutto il senso delle trattative tra Russia e Ucraina. Erdogan ha aperto il tavolo, Zelensky ha aderito, Trump ha spinto. Chi manca all'appello è e rimane colui che la guerra l'ha iniziata e sembra proprio non avere nessuna intenzione di chiuderla, Vladimir Putin. Ma se lo Zar, pur mantenendo un'ambiguità che lascia aperto uno spiraglio anche se piccolo, si nega al confronto, cresce la pressione su Mosca, con buona pace dello stesso Putin che definisce «deficienti» quelli che vogliono inasprire le sanzioni visto il suo rifiuto a trattare in prima persona. Ovvero tutti. Non solo l'Ucraina, ovviamente, ma anche gli Stati Uniti appunto e i Paesi europei.
Il presidente ucraino Zelensky ha pochi dubbi: «Penso che Putin non voglia che la guerra finisca, non voglia un cessate il fuoco, non voglia negoziati», ha detto, aggiungendo che «se Putin rifiuta un incontro, mi aspetto forti sanzioni», appellandosi agli Usa per imporre a Mosca ulteriori restrizioni economiche. «Questo dovrebbe essere il pacchetto di sanzioni più forte» visto che se Putin diserterà il summit sarebbe «un chiaro segnale che non vogliono e non hanno intenzione di porre fine alla guerra». Perché lui, Zelensky, in Turchia ci sarà. «Vedrò Erdogan a Ankara il 14 o il 15»
«Abbiamo discusso con il presidente Erdogan la possibilità di incontrarci nella capitale turca, Ankara. Ma se il presidente russo sceglierà Istanbul per tenere l'incontro, andremo lì. In ogni caso, faremo tutto il possibile affinché questo incontro abbia luogo e per concordare un cessate il fuoco. Perché è con lui che devo concordare un cessate il fuoco. Perché solo lui decide», ha detto Zelensky, precisando che il presunto divieto di negoziazioni dirette tra Kiev e Mosca fa parte della disinformazione russa e riguarda solo funzionari non autorizzati. Il capo dello staff presidenziale Andrey Yermak conferma: «Se Putin si rifiutasse di visitare la Turchia, ciò darebbe il segnale definitivo che la Russia non vuole porre fine a questa guerra».
L'irritazione e il cambio di paradigma di Trump potrebbero avere un peso specifico notevole. «Mi aspetto buoni risultati», ha detto il tycoon annunciando la presenza in Turchia del segretario di Stato Marco Rubuio oltre ai due inviati Witkoff (per la parte russa) e Kellogg (per quella ucraina), confermando quindi l'importanza del negoziato e la fiducia nello stesso.
Il presidente turco Erdogan intanto ha incontrato il segretario generale della Nato Mark Rutte invocando «un cessate il fuoco e una pace duratura e giusta» mentre l'Europa non si discosta dalla sua posizione. «Ciò che vediamo da tre, quasi quattro, anni a questa parte è che non ci si può fidare di Putin e i fatti contano più delle parole. La palla è nel campo della Russia», spiega la portavoce della Commissione mentre l'Alta Commissaria Kallas attacca: «Non credo che Putin oserà presentarsi» e poi annuncia: «Prepariamo costantemente diversi pacchetti di sanzioni «perché dobbiamo esercitare maggiore pressione sulla Russia affinché fermi questa guerra». La stessa posizione, tra gli altri, di Italia e Germania che provoca la stizzita reazione di Putin. «Sono pronti ad adottare nuove sanzioni contro Mosca anche a loro discapito, sono deficienti.
Dobbiamo ridurre al minimo gli effetti negativi su di noi», ha detto. Rabbia e fuga dal tavolo. Nella guerra in Ucraina che ora passa dalla Turchia, chi non sarà presente paleserà, una volta di più, le sue reali intenzioni.