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Ultima chiamata per la pace Putin detta le condizioni

Il leader mercoledì a Minsk con Merkel, Hollande e Poroshenko: si punta a una tregua immediata

Ultima chiamata per la pace Putin detta le condizioni

Mercoledì a Minsk si replica: Vladimir Putin, Angela Merkel e François Hollande - che già si sono lungamente incontrati al Cremlino - ritroveranno il collega ucraino Petro Poroshenko per un vertice a quattro dedicato alla definizione di un piano di pace che dovrebbe consentire una tregua immediata nell'Est dell'Ucraina. «Dovrebbe» perché le posizioni della Russia da una parte e dell'Ucraina e dei suoi amici occidentali dall'altra restano lontane, e il rischio che all'ultimo minuto l'appuntamento possa saltare è più che un'ipotesi.

Putin, nella sua ormai abituale alternanza di toni concilianti e minacciosi, lo ha detto chiaramente ieri durante il suo incontro a Soci con il presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko: a Minsk ci andremo solo a condizione che «su certi punti che abbiamo discusso intensamente ci sia accordo». E quali sono questi punti? Questioni come il cessate il fuoco e un meccanismo di supervisione degli accordi di Minsk dello scorso settembre, che avevano portato ad una prima tregua nelle regioni orientali, per esempio. Già ieri tra i quattro leader si è tenuta una videoconferenza nel corso della quale - parola di Poroshenko - «sono stati compiuti progressi» e si è cominciato a lavorare a un pacchetto di misure. Altre due giornate molto intense attendono i diplomatici dei quattro Paesi, che si riuniranno a Berlino prima dell'appuntamento di Minsk per approfondirne i dettagli.

Intanto i protagonisti di quello che potrebbe essere l'ultimo sforzo diplomatico prima del precipitare della crisi ucraina in un conflitto aperto tra Mosca e Kiev nel quale il colosso russo non avrebbe difficoltà a prevalere si muovono freneticamente. La più attiva è la cancelliera tedesca Merkel, che ha assunto un ruolo di primo piano nel quale pesano (da ex cittadina della Ddr) la sua conoscenza della realtà russa e la sua personale diffidenza nei confronti di Putin: la Merkel (che lo ha incontrato in privato più volte) ha spesso ripetuto ai suoi colleghi occidentali di ritenere che il presidente russo non sia sincero. La leader tedesca è volata ieri a Washington per incontrare il presidente americano Barack Obama, ancora incerto sulla scelta di fornire o meno armi difensive all'Ucraina: la Merkel chiederà a Obama di non farlo, e oggi volerà anche in Canada dall'altro partner atlantico Stephen Harper.

Ma si fanno sentire anche le voci di altri leader: i più espliciti come il ministro francese degli Esteri Laurent Fabius, che ricorda la pericolosità di Mosca («una grande potenza militare che non rispetta la democrazia») o quello britannico Philip Hammond che rimarca le affinità delle azioni di Putin con quelle «di un tiranno del XX secolo che occupa territori di un altro Paese», e i più prudenti come l'italiano Paolo Gentiloni, che mette in guardia dal «rischio enorme di escalation» e pensa che «l'unica via sia il negoziato» (proprio il contrario di quanto sostiene Poroshenko).

A metà strada c'è l'americano John Kerry, che ha appena incontrato il collega russo Serghei Lavrov: per lui non ci sono divisioni tra Usa ed Europa e l'invio di armi a Kiev (contro cui Lavrov lo ha minacciato di «conseguenze imprevedibili») rimane una possibilità, ma avendo presente che la soluzione della crisi non può essere militare.

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