Undici punti di scarto a due giorni dal voto. Eppure Emmanuel Macron invita l'uditorio del suo comizio finale, nel paesino a 150 km a nord di Tolosa, già terra socialista, a non dar nulla per scontato: «Niente è già scritto o deciso, dobbiamo mobilitarci ancora, insieme, il 24 aprile sarà un referendum per dire se vogliamo essere pro o contro l'Europa, pro o contro una Repubblica laica e indivisibile, pro o contro la fedeltà ai nostri valori». È l'ultimo bagno di folla.
Il presidente-candidato è allo sprint per il bis all'Eliseo: sceglie la Francia rurale e artigiana. Sud-ovest, in place de la Halle, cuore pulsante del mercato di Figeac (dipartimento del Lot, Occitania). Appena inizia a parlare, da una finestra qualcuno lancia volantini contro di lui: «Quando tutto diventerà privato, saremo privati di tutto». Macron accoglie l'affronto, ricordando che la democrazia permette di opporsi, e promette di confrontarsi con i detrattori a fine comizio. Riesce a invertire a suo favore anche la protesta: chiedendo con una punta di ironia di rispettare l'ambiente. «Signore non sprechi i fogli, non fa bene a nessuno, ci parliamo più tardi». E rilancia il lavoro svolto dal suo governo durante il Covid, con quel «Quoi qu'il en coûte», il «whatever it takes» di draghiana memoria attuato Oltralpe per «proteggere» i francesi nel primo lockdown; costato 35 miliardi prima d'essere cancellato l'estate scorsa.
Tacitati i balconi, passati dall'essere case di mercanti a b&b, penalizzati da tagli ai trasporti locali e poi dalla pandemia, a tenere in piedi l'economia di questo piccolo centro di 10mila abitanti sono anche le botteghe. Come quella che ricorda il film Chocolat con Juliette Binoche, Les délices de Sophie. Caramelle d'altri tempi, dolcetti piccanti, torte di noci, cioccolatini senza zucchero e prodotti senza glutine. Una tana per buongustai che può contare su sempre meno turisti. «Riapriremo le piccole linee ferroviarie», promette Macron dal palco, soluzioni per collegare i piccoli centri alle grandi città. Un progetto «idealista ma realista».
Su una cosa sono d'accordo, con Marine Le Pen: «Non sono i sondaggi a fare la democrazia». Il leader di En Marche lo ripete su BfmTv, ultima apparizione su piccolo schermo prima del «silenzio» scattato a mezzanotte. Accusa la rivale d'alimentare «odio e divisione, la Francia non è fatta di categorie, è un blocco». Slogan. La realtà dice altro, ed è davanti ai suoi occhi.
Le Pen lancia un (tardivo) urlo: «Da Macron solo menzogne, non farà referendum sulle pensioni come promesso, non ama i francesi». Lei si trova a nord Pas-de-Calais, suo feudo elettorale. «È sceso dall'Olimpo per qualche giorno...», denuncia nel contro-bagno di folla. «I sondaggi non fanno vincere, parleranno le urne». Marine ne è convinta nonostante il 55,5%-44,5% stimato dall'istituto Elabe, con cui Macron potrebbe diventare il primo presidente rieletto senza ricorso a coabitazione. Un altro sondaggio, Odoxa, dice che finirà 53%-47%. La volata nel Lot serve a riaffermare le politiche ambientali lanciate a Marsiglia. L'ecologia «al centro». Macron ricorda la volontà d'affidare al futuro premier la pianificazione ecologica in «stretto coordinamento» con i territori.
Scacciata l'accusa di «pariginismo», di transizioni energetiche decise nella capitale senza tener conto delle esigenze di chi vive nelle piccole città,
dove l'auto è la sola possibilità di collegamento con gli agglomerati urbani, «vi devo un nuovo patto, pensare a una politica nazionale e declinarla a livello locale», spiega, citando in particolare agricoltura e trasporti.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.