Ungheria blindata, marea umana verso la Croazia

I blocchi forzati, gli scontri durissimi, lo sdegno dell'Onu. Un fiume umano di disperazione si gonfia di ora in ora nella terra di nessuno, tra Serbia e Ungheria, portando i Balcani all'implosione. Una piena che travolge presidi e barriere e scava vie alternative per farsi strada nel cuore dell'Europa.

Una cartina, diffusa dagli attivisti tra i migranti, avverte che ora che il Muro è finito, il confine ungherese è closed , con tre punti esclamativi. Non si passa più, chi lo fa finisce nel pugno di ferro di Budapest, che in 24 ore, con le nuove norme anti migranti, ha portato a processo oltre 360 persone entrate illegalmente nel Paese. Ecco allora che una freccia indica la nuova direzione: dritti verso Zagabria. Poi c'è la Slovenia, di là è già l'Italia con il suo vicinissimo confine del Friuli-Venezia Giulia. Ma attenti a quelle 51mila mine, rimaste dalla guerra del 1991-95, e disseminate lungo la Drava; le zone a rischio sono cerchiate in rosso.

Mentre da Vienna il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, si appella a «un'assunzione di responsabilità da parte dell'Ue», a Horgos, davanti alla barriera ungherese, i nervi esplodono. Un gruppo di profughi tenta di abbattere il filo spinato gettandoci sopra delle coperte, si scaglia contro il blocco della polizia con una pioggia di sassi e pietre, mentre gli agenti in tenuta anti sommossa rispondono con lacrimogeni e cannoni ad acqua. È l'esasperazione. Il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon si dice «scioccato nel vedere come alcuni migranti e rifugiati sono trattati: Viktor Orbàn, invece, ordina di «sospendere temporaneamente» dal traffico, per 30 giorni, il tratto autostradale di Roszke, che divide i due Paesi, mandando su tutte le furie il governo serbo, e annuncia un futuro muro anche alla frontiera croata. La Regione Lombardia, frattanto, vota un provvedimento che esclude dai bandi in materia di turismo le strutture ricettive e alberghiere il cui «fatturato o ricavato dell'attività degli ultimi tre anni» non «sia integralmente derivante dall'attività turistica»: in pratica quelle che accolgono volontariamente migranti.

Barriere che si innalzano, altre che si sgretolano in queste giornate convulse. Da Zagabria, il premier Zoran Milanovic fa sapere che il suo Paese lascerà passare tutti, attivando dei corridoi umanitari con la Slovenia. Basta poco, ed è subito effetto Germania. I primi pullman carichi di migranti partono all'alba dalla Serbia meridionale diretti a Sid, alle porte della Croazia, che a fine giornata ne stima quasi 500, ma ne attende altri 4.000. E se l'Austria è la meta, in queste ore rischia la paralisi: da Salisburgo i treni non partono più per la Germania, la circolazione è interrotta, ci sono duemila migranti fermi allo scalo e il governo annuncia di voler blindare i confini, anche quelli italiani.

Intanto gli hotspot, i centri di smistamento voluti da Bruxelles per avviare la redistribuzione di

40mila siriani ed eritrei - 24mila dall'Italia e 16mila dalla Grecia - cominciano a funzionare in Sicilia, Catania sarà quartier generale della rete di identificazione. I ricollocamenti si potranno fare da inizio ottobre.

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