Francesco Lisanti è un archivista e uno storico specializzato sull'anarchismo (tra i suoi lavori ricordiamo: L'Italia è un sentiero di spine e Storia degli anarchici milanesi, entrambi usciti da La Vita felice). Lo abbiamo sentito per ragionare sugli scontri di piazza avvenuti a Milano e in molte altre città.
Ci sono stati tafferugli, con una certa presenza anarchica, in questi giorni. Ci sono dei precedenti storici analoghi?
«Vedendo quello che hanno scritto i giornali sono stati moti di piazza piuttosto spontanei. C'è una componente anarchica e una di destra, a quanto si legge, ma non sembrano organizzate. Prevale lo spontaneismo. La cosa più simile potrebbero essere alcune proteste degli anni Venti. Però allora destra e sinistra non scendevano in piazza assieme. Al massimo si scontravano, così sembra una novità».
Forse nel caso della rivolta di Fiume ci fu una fusione fra anarchici e interventisti di destra?
«Sì in effetti, ma fu un unicum, ed era una frangia anarchica ridotta che era passata all'interventismo. Ma lì c'era un catalizzatore, D'Annunzio, e non era un moto di piazza...».
Ci sono stati moti spontanei come questi che abbiano come sfondo un forte malcontento, anche economico, o la paura per il futuro?
«Mi vengono in mente i moti di Milano del 1898, quelli che poi vennero repressi da Bava Beccaris. Quelli furono altamente spontanei. Ovviamente la condizione era molto diversa da quella attuale. Mancava davvero il pane...».
Cosa fa sì che un moto spontaneo diventi un moto organizzato?
«Serve una progettualità per il dopo, o una personalità catalizzante. Per questo i moti del 1898 o quelli del Biennio rosso fallirono. Erano contro il governo ma la progettualità mancava...».
Una politica eccessivamente repressiva può peggiorare le cose?
«Il rischio esiste.
Soprattutto in questo caso, in cui bisogna tenere assieme la salute pubblica ma anche il diritto a protestare o le necessità economiche delle persone. Se si esagera si rischia di innescare una spirale che radicalizza. Bisogna tener conto anche della condizione morale delle persone, vanno capite...».
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