Cronaca nera

A unire i killer il filo sottile del senso di onnipotenza

A unire i killer  il filo sottile del senso di onnipotenza

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A unire i killer il filo sottile del senso di onnipotenza

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Alessandro Impagnatiello a Senago come Carlo Lissi a Motta Visconti, entrambi freddi antisociali, che dopo aver ucciso le compagne occultano le prove e provano a proporsi a un'altra donna, finalmente liberi da ogni impegno e responsabilità. Impagnatiello non ha avuto pietà neanche di un figlio, il suo, che sarebbe nato da lì a poco e a cui la mamma, incinta di sette mesi, aveva già dato il nome di Thiago. Lissi uccise la sua bambina di cinque anni e il suo piccolino di venti mesi per poi andare con gli amici a vedere la partita al bar. Sognavano la libertà di intraprendere un'altra relazione con una prossima vittima, perché uomini così non sanno e non possono amare. Le loro relazioni si fondano sull'utilizzo dell'altro che vivono come un oggetto da usare per dar sfogo alla loro pulsione distruttiva. Una donna viene sostituita, ferita, ammazzata, quando non si lascia sadicamente distruggere, quando non accetta di essere schiavizzata, quando non permette di pervertire la relazione al mero gioco di potere, del loro su di lei.

Una personalità antisociale si caratterizza per l'incapacità totale di provare empatia, di considerare i diritti dell'altro, che sono calpestati se non corrispondono al suo volere. Mentre il narcisista patologico non tollera l'abbandono e per questa ferita può uccidere e uccidersi, l'antisociale ha il cuore freddo di chi con l'altro vuole soltanto alimentare la sua grandiosità attraverso il dominio e finanche la crudeltà. Le compagne di Lissi e Impagnatiello si erano macchiate della colpa di esistere impedendo ai loro compagni di volgersi altrove, al di là dell'amore promesso, alla ricerca di un'altra persona-oggetto da dominare e distruggere per nutrire il loro senso di onnipotenza. Alcuni studi suggeriscono che alla base del disturbo antisociale ci sia un'incapacità di percepire l'emozione fondamentale della paura, sia in sé stessi che negli altri, e che questo determini l'assenza di empatia e la possibilità di nuocere al proprio simile senza provare colpa o pietà.

Quando il copilota Andrea Lubitz, con una azione deliberata, portò l'Airbus A320 con 150 persone a bordo a schiantarsi sulle Alpi di Provenza non sentì la paura, non si curò del destino dei passeggeri perché era dominato dal suo impulso distruttivo, dalla sua fame di potere sugli altri, dalla sua grandiosità che non poteva accettare di essere licenziato.

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