Roma - La notizia della vendita all'asta della Leopolda, luogo simbolo dell'ascesa renziana, un giorno sarà forse ricordato come il momento d'inizio della discesa. Fatto sta che Matteo Renzi, per la prima volta da quando è in sella, sente concretamente scricchiolare le fondamenta del suo potere; ed è come se i nemici avessero finalmente compreso quali ne siano i pilastri e come utilizzarne le crepe. In più, i suoi errori: di valutazione e di leggerezza.
Tra questi ultimi, una pagliuzza che rischia di non esserlo. Intervistato da Vespa per il suo ultimo istant-progressive book , Renzi se la prende con Corradino Mineo. Rivela il contenuto di un vecchio sms nel quale il senatore, «disgustato» per una polemica sui «bambini autistici» all'assemblea del partito, gli dice di essere pronto a dimettersi. Renzi maramaldeggia: «Mineo? Un anno fa annunciò le dimissioni da senatore dopo aver offeso in modo squallido i bambini autistici. Disse: “ho sbagliato, me ne vado”. È sempre lì, a spiegare come va il mondo. Al massimo si dimette dal Pd, ma la poltrona non la lascia, per carità». Considerato che sabato prossimo comincia a prendere forma un sommergibile in grado di silurare il potere renziano, la polemica è gratuita, ingenerosa, però ci sta: Mineo, assieme a D'Attorre, Galli e Folino, ieri è uscito dal partito e lavorerà con Fassina a nuovo soggetto che non vuole essere «una Cosa rossa, bensì sarà di radice ulivista».
Stupefacente la reazione di Mineo. «Diciamo che Renzi non ha stile, non si fa scrupoli, rivela conversazioni private. Non ho mai manifestato l'intenzione di dimettermi, se non in quel sms disgustato... ». Qui viene il bello, che Mineo accetta di ripercorrere con il Giornale . «Matteo infanga per paura di essere infangato. Perché sa che io so. So quanto si senta insicuro quando non si muove sul terreno che meglio conosce, la politica contingente. So quanto è roso dai dubbi e quanto possa sentirsi subalterno a una donna bella e decisa. Fino al punto di rimettere in questione il suo stesso ruolo al governo. Io so, ma non rivelo i dettagli di conversazioni private. Non mi chiamo Renzi, non frequento Verdini, non sono nato a Rignano». Chiare le allusioni: all'ascesa della Boschi nel governo e all'interno di quel gruppo di poteri che sostiene la parabola del Fiorentino. Mineo c'è rimasto male, non ne fa mistero. «Ho solo risposto all'uso spregiudicato di un sms privato per insultarmi. Da tempo non ho più nessun rapporto con lui. Ma queste assurde bassezze, dopo quarant'anni di lavoro da giornalista, come se fossi uno attaccato alla poltrona che non la molla, scendono a un livello che ci porta tutti per terra». La «dama bianca», spiega, non ha nulla a che vedere con il gossip (nel passato s'è parlato anche di una liaison tra i due). «Il nome della Boschi lo fate voi giornalisti, anche se è vero - come avete scritto - che è in forte ascesa. Ci sono in politica altre donne belle e decise : quel che rilevo, la subalternità a cui accenno, è però un fatto politico che riguarda Matteo, non altro. Non sto certo parlando di fatti personali. Rilevo ciò che ho potuto osservare in questi mesi: l'indecisione dell'uomo Renzi, la sua subalternità a chi ha sicurezze, forse anche competenze specifiche, che lui non possiede».
È un addio al curaro, perché allude in modo esplicito a quel che si muove sotto la facciata del renzismo e di «tutto bene, madama la marchesa». Alla marchesa forse sì. Invece Matteo è un po' «cotto»: a furia di giocar con le allodole, ora rischia di finir impagliato. Come un galletto cedrone.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.