Vendola, l'ultima spiaggia degli antirenziani del Pd

Traghettare nel partito i rimasugli di Sel e i movimentisti alla Landini. Così Civati prova a rafforzare un'opposizione interna divisa e ininfluente

Vendola, l'ultima spiaggia degli antirenziani del Pd

C'è Pippo Civati, ma anche Gianni Cuperlo, e pure Nichi Vendola, e forse Fabrizio Barca, e magari persino Mineo e Chiti. «Manca solo Felipe Scolari (l'allenatore del Brasile, emblema di disfatta, ndr) e poi siamo a posto», chiosano implacabili su Twitter i filo-Renzi.
Ma tant'è: è nata, o sta per nascere una nuova associazione «di sinistra», che si chiama «È possibile». Cosa sia possibile non è chiaro, ma di certo il nome scopiazza un po' l'obamiano «Yes we can», un po' il vintage no-global di «un altro mondo è possibile». Nasce dentro il Pd, perché anche i personaggi in questione, Civati in testa, hanno chiaro che per il momento fuori dal Pd c'è il deserto dei Tartari, e scarsissimo spazio elettorale da spartire. Mentre dentro, visto che il dissenso anti-renziano è allo stato sconclusionato, acefalo e diviso in ottocento gruppettini impotenti e rissosi, c'è un potenziale spazio di manovra politica per aspiranti oppositori-interlocutori del leader. Con l'aspirazione di fare da traghettatori - dentro il Pd - dei rimasugli di Sel e del movimentismo sinistrorso vicino alla Fiom di Landini (pure lui ospite nei giorni scorsi al “Politicamp” organizzato a Livorno da Civati), e con l'intenzione di usare come arma per sfruculiare Renzi l'anti-berlusconismo d'antan: della serie: «Perché vuoi fare le riforme con i cattivi di centrodestra e non con i buoni di sinistra?». Trascurando il piccolo particolare che, in linea di massima, quella sinistra proporzionalista e assemblearista le riforme che piacciono a Renzi non le vuole fare neanche morta.
Civati lo dice proprio così: «Renzi, guarda la rubrica del telefonino e vedrai che proprio prima di Verdini c'è Vendola, parli anche con lui che magari vengono fuori cose buone per il Paese». Vendola, alle prese con la migrazione da Sel verso il premier, gli fa eco: «Il cuore del nostro scontro con Renzi è la collocazione del Pd nel governo nazionale con i diversamente berlusconiani, e la grande riforma fatta con Berlusconi. È questo il cambiamento?».
I toni dei promoter di «È possibile» però sono già diversi. Vendola e Civati dicono peste e corna della riforma «antidemocratica» del Senato, Civati accusa il premier: Renzi «minaccia sempre la fine della legislatura. Dice: “o me o il Senato”. È tutto un ricatto, tutto una mossa definitiva e non si guarda al percorso che possono fare le idee». Cuperlo invece è più prudente: «La riforma va fatta: questa volta fallire l'obiettivo al traguardo avrebbe ripercussioni negative in termini di credibilità e di fiducia. Non ritengo che il problema fondamentale sia il carattere elettivo o meno del Senato. Credo che un Senato non elettivo sia compatibile con il carattere e il tipo di ordinamento che si va profilando». Via libera al Senato di Renzi, ma Cuperlo - come il resto dell'opposizione interna dalemian-bersaniana - condiziona il proprio sì alla modifica dell'Italicum: «Il testo di legge elettorale licenziato dalla Camera non va bene, e questa è una battaglia da fare fino in fondo», dice. Ma intanto tentano di fare un patto per condizionare il premier. «È il momento di unire le energie e le risorse che ci sono, per una sinistra rinnovata e ripensata», spiega Cuperlo.

Civati incalza: «In autunno bisogna insistere sull'agenda di governo, anche con proposte che attraversino il campo parlamentare: io avevo parlato di nuovo centrosinistra sulle riforme, ma possiamo farlo anche su tante altre cose. Vedremo anche se c'è una reazione da parte della maggioranza del Pd».


di Laura Cesaretti

Roma

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