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"È vero, gli algoritmi decidono le tariffe. Ha ragione il governo: pratica scorretta"

L'esperto: "Vengono sfruttate tutte le informazioni che spesso cediamo senza saperlo. Persino con un numero di cellulare è facile tracciarci"

"È vero, gli algoritmi decidono le tariffe. Ha ragione il governo: pratica scorretta"

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"È vero, gli algoritmi decidono le tariffe. Ha ragione il governo: pratica scorretta"

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Tutto parte dalle informazioni. Dai dati che spesso cediamo inconsapevolmente navigando in rete. Così, sulla base di quegli elementi, entrano in gioco gli algoritmi che determinano le tariffe dei biglietti aerei. Il professor Marco Camisani Calzolari, docente universitario di Comunicazione e divulgatore televisivo esperto del mondo digitale, ha ben presente la materia e non esita a definire azzeccata la definizione di «pratica commerciale scorretta» utilizzata dal governo nel suo recente intervento normativo contro il caro prezzi.

Professore, come funzionano questi algoritmi?

«Sfruttano tutte le informazioni che le compagnie aeree hanno a disposizione. Il prezzo dei biglietti viene definito sulla base di istruzioni note a poche persone: gli analisti interni e i programmatori che rendono operativi questi sistemi».

Quali dati vengono utilizzati per la determinazione dinamica del prezzo?

«Quando siamo su Internet, lasciamo sempre tracce di noi: i siti che visitiamo, quante volte lo facciamo, il luogo in cui ci troviamo, quale dispositivo utilizziamo e altre centinaia di informazioni che spesso cediamo senza saperlo. E poi, magari, abbiamo un'app aperta sul nostro smartphone che ascolta tutto quello che diciamo, lo trascrive, lo rielabora e lo rivende a broker specializzati. Le compagnie aeree non comprano il dato singolo ma il risultato che viene fornito loro. Così, se vogliono vendere un volo a prezzo maggiorato proprio a chi ha maggiore urgenza di viaggiare, possono attingere a un mercato dei dati in grado di fornire quell'informazione».

Ma è vero che la profilazione avviene anche sulla base del nostro numero di cellulare?

«Anche questo è un dato rappresentativo e utile a chi sfrutta gli algoritmi a vantaggio delle compagnie aeree. A volte la posizione dell'utente non è nota, ma lo è il suo numero di telefono».

C'è qualche aspetto che non conosciamo o sottovalutiamo in queste pratiche?

«Pochi sanno che molte app, come già accennato, ci ascoltano e rivendono poi quello che diciamo. Altri invece sottovalutano il tema della privacy online e forniscono dati che vengono poi usati a loro svantaggio».

Fino a quanto possono arrivare i rincari? Si parla addirittura del 200%.

«Anche di più. L'anomalia di questi prezzi ve la spiego con un esempio: la settimana scorsa mio figlio è volato in Sardegna per un compleanno. Partiva da Londra e con una compagnia low cost ha speso 80 euro a tratta. Diversamente, per la stessa data ma per un tragitto più breve, alcuni suoi amici in partenza da Milano hanno trovato voli che costavano parecchie centinaia di euro».

In certi casi è giusto parlare di «pratica commerciale scorretta», come ha fatto il governo?

«Io credo nel libero mercato e penso che le aziende possano fare quel che vogliono, ma in questo caso il mercato non è completamente libero. Certe tratte non possono essere coperte da chiunque e forse alcune compagnie, che di fatto hanno l'esclusiva su alcuni percorsi, ne approfittano. Penso che in certi casi la definizione di «pratica scorretta» sia azzeccata».

Cosa possono fare i consumatori per tutelarsi?

«Imparare a conoscere gli algoritmi e usarli a proprio vantaggio. Quando si compra un volo, ad esempio, si possono usare la navigazione anonima o una Vpn (rete privata virtuale, ndr). Si possono acquistare i biglietti in giorni infrasettimanali e farlo con anticipo.

È inoltre consigliabile verificare se non siano disponibili tariffe inferiori sui siti comparatori di prezzi e utilizzare applicazioni che avvisano quando il prezzo scende».

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